Ogni volta che rientro a Casola c'è qualche argomento, una polemica con qualcuno o qualcosa, anche banalità che però nel contesto sociale diventano enormi oltre l'importanza oggettiva.
Nell'ultimo anno si è parlato esclusivamente del rifacimento del centro storico, che è molto migliorato ma che è altrettanto migliorabile. Ora il problema è un altro: parcheggi si, parcheggi no, parcheggi ni.
Su queste soluzioni non voglio addentrarmi perché spettano ai residenti stabili che conoscono meglio del sottoscritto le loro esigenze.
Questo mezzo di trasporto, la macchina è bella solo quando è esposta nei saloni dei concessionari, ma appena è sulla strada, con un po' di polvere, allineata sui marciapiedi, crea problemi enormi soprattutto nelle grandi città, ci si rende allora conto quanto sia estraneo a qualsiasi punto di vista estetico. Ma è utilissimo, ormai indispensabile e siamo costretti conviverci.
Tutto questo ragionamento per rispondere alla domanda postami dai giovani de 'Lo Spekki(ett)o': come era la piazza prima di essere invasa dalle macchine?
Era un luogo pieno di attività diversissime.
Cominciamo da Via Matteotti (Gata merza) e saliamo verso l'orologio dalla parte destra con la macelleria Zuccherini, il negozio di Tisa e Pirò che vendeva scarpe, la ferramenta Conti, il forno Bambi, il negozio di Ebe che vendeva filati e bottoni, il caffè della carissima zia Maria, che produceva un gelato favoloso e che prima di vendercelo ci faceva assaggiare se era di nostro gusto: purtroppo dopo questa operazione la scorta era già terminata. Saliamo ancora e troviamo un calzolaio Frazcò, il negozio della mamma dell'ingegnere Dal Pezzo, Natalia, che vendeva filati e bottoni poi finalmente il Vicolo del Rosso, un budello buio e maleodorante che attraversava il paese. Dopo il vicolo un altro calzolaio poi il Credito Romagnolo, il negozio di Aduina Acerbi, una donnina minuscola che vendeva cosucce, ci si comprava a Natale qualche statuetta per allestire il presepio. Scritto con caratteri grandi sulla parete, l'Antico Albergo Maiolica, quando il tempo permetteva vi era un lungo tavolo all'aperto con due lunghe panche, dove sedevano i clienti a bere quartini di vino. Dopo la casa e l'ambulatorio del Dott. Quirino, la tabaccheria di Nola e Ciata, punto di ritrovo e riferimento. Avanti ancora il fruttivendolo 'Ginola', Quarneti, un po' più avanti il negozio di frutta e verdura 'Carmilana', in cima a Via Matteotti un negozio di alimentari.
Ora riprendiamo Via Matteotti dal lato sinistro: la centenaria macelleria Ricciardelli, sotto lo stesso portico il negozio di frutta, verdura e cacciagione di Sagrini, il babbo di 'Palane', avanti un barbiere 'Ernestà' Guerra, Silvio Ricciardelli che riparava orologi. Ora entriamo nel piccolo volto e in fondo troviamo 'Pirò' e il figlio Varo che ferravano cavalli e muli con grande piacere delle nostre narici, il fumo di zoccoli bruciati ci veniva negli occhi, poi il laboratorio di Benati Alfredo, armaiolo. Torniamo fuori dall'antro, ancora una macelleria, Bambi 'Frazcò ed Magnozz'.
Con il negozio di 'Nandino' Masini entriamo in Piazza Sasdelli, allora Ceronesi. L'entrata di tale negozio era una piccola piazzetta quadrata oggi non più esistente, si proseguiva con un magazzino dove si conservavano sacchi di fiori che nei mesi caldi venivano stesi su di un telone nella piazza a seccare al sole: fiori di tiglio, camomilla, bacche di ginepro e fiori ed 'piadonaza'.
Nel cortile del prossimo voltone vi era una stalla con diversi muri. L'ultima bottega su questo lato della piazza era il laboratorio di Nildo Pittano, dove oltre ad oggetti di falegnameria si costruivano anche gabbie per uccelli. Nildo era un uomo alto e grosso, molto silenzioso. Nell'angolo la mamma di Giacomo Menni vendeva gesso e laterizi. In seguito vi era l'officina Conti, fabbri da generazioni, sempre in grande attività con davanti macchine agricole in attesa di riparazioni. Nella seguente volta Piero Landi teneva i suoi muli. Seguiva l'officina di Riccardo Acerbi, dove si eseguivano riparazioni di auto e di trattori. L'occhio del portico era ancora aperto e sopra esso c'era il ristorante Corona già molto conosciuto per l'ottima cucina e gli arrosti di cacciagione. Seguiva il forno ed 'Fraschì' che possedeva un sidecar Guzzi del '34. Accanto un calzolaio che lavorava in casa come molti altri e come 'Sciazì' Righini che abitava vicino alla Corona.
Siamo alla discesa che porta alla Calgheria dove vivevano moltissime persone e che era l'unica via di accesso, ragione per la quale era molto frequentata, naturalmente a piedi. Sul lato della piazza accanto alla casa di Testi vi era installato il primo distributore di benzina di Casola: ancora visibile l'antica nicchia che ospitava la madonnina che venne poi trasferita in questa occasione. Nell'angolo di questa parete vi era il negozio di alimentari di Montefiori, 'Gianò dla Coperativa', e più avanti il negozio di alimentari di Testi. Salendo per Via Matteotti vi era il negozio da barbiere di Gogliardo, poi l'ufficio postale e la chiesa del Suffragio che era un deposito per il grano, il campanile con il discreto orologio che batteva alle ore canoniche. Avanti l'osteria 'la Grotta' e un piccolo negozietto di frutta e verdura gestito da una vecchiettina di nome Adelaide. Con il fabbro Pasini siamo arrivati in cima a via Matteotti e di qui comincia il Muraglione.
Come si può constatare il centro storico era il motore del paese dal lato commerciale e dal punto di vista abitativo, con un'altissima densità.
Visto che siamo partiti dal rifacimento della piazza, qualche nota su come era il pavimento d'allora: era un acciottolato grossolano dove tutto traballava, i carri trascinati dai buoi, compresi quelli di Mezza Quaresima, le persone anziane, le signorine che si recavano ai veglioni, grande occasione di festa, rompevano i tacchi alti delle scarpe indossate per l'occasione. Quando venne asfaltato fu una gioia per tutti.
Il martedì e il venerdì in piazza c'era il mercato del pollame, venivano da fuori paese non per vendere ma per comprare i prodotti che i contadini portavano: galline, uova, oche ecc. D'inverno il centro di Casola diventava un'enorme frigorifero a cielo aperto. La neve non veniva spalata subito ma si ammucchiava nel centro della strada lasciando piccoli sentieri ai lati e ad ogni nevicata questi cumuli gelati aumentavano di altezza. Con i primi tepori tutti tiravano fuori badili e pale e stendevano la neve per farla sciogliere con grande 'paciugo' per tutto il paese.
Questo era il centro storico più o meno dal 1939 al 1948, fino cioè allo sventramento che modificò tutto l'assetto urbano.
La vitalità che si riscontrava allora non ci sarà più, sono cambiate troppe cose. Ora bisogna renderlo gradevole ma a me la piazza deserta dà un senso di malinconia.
Canzio Conti