Wilco: una band americana, che non impedisce agli orizzonti di allargarsi. Sul biglietto, è disegnato un cuore. Un muscolo, che oggi pare un albero denudato dal freddo.

Questa sera è arrivata. Ogni tanto capita di inciampare in qualcosa e in qualcuno di giusto. Questa, è una serata che non sarà mai come pensiamo che sia.
Ti aspetto alla stazione, tu stai arrivando insieme al fragore del vagone di un treno. Fa freddo, qualche luce accesa. Un uomo in sala d’attesa. Non ci siamo mai incontrati prima d’ora. Aspettiamo trepidanti, quei fotogrammi rubati alla nostra immaginazione. Ora siamo di fronte, uno davanti all’altra. Io sono quello con la mano alzata. Eccoti, ciao.

E’ come se a Barry fosse capitato un cambiamento, anche piccolo, ma significativo nello svolgimento ordinario della sua vita.

Molto bene, hai portato anche la macchina fotografica perché così farai delle belle foto. Sei stanca, il viaggio in treno dev’essere stato piuttosto pesante. Mentre siamo in macchina, ti parlo da persona realizzata, colta, indipendente, vivace e divertente. Capisci subito, che il mio carisma può essere paragonato ad una roulotte parcheggiata in un zona desolata nella più triste zona artigianale di chissà quale sperduto paese. Non ho molto da mostrare per coprire il vuoto che c’è dentro.

Mentre guida, Barry si rende conto di appartenere a quella categoria di creature umane che vengono tradite nelle loro speranze e ingannate nelle loro attese.

Questo nostro stare insieme, senza esserci mai incontrati prima, segue il solito cerimoniale. La nostra, è una brevissima convivenza fatta comunque di felicità. E’ un incontro insolito e prezioso, e poi stiamo andando ad un concerto. Siamo arrivati al parcheggio, metti la borsa nel baule. E’ un po’ sporco, non ti preoccupare, faccio io. Considerando l’annunciato sold-out, appena entriamo ci rendiamo conto che il locale è veramente pieno di gente. Sei gentile, mi offri una birra. Hai visto? Il barista è ormai una parte storica dell’arredamento di questo posto. E’ come se fosse il custode di ricordi e storie che ciascuno di noi ha vissuto qui.

Al cin cin, alla tua, Barry nella sua solita tendenza mediana, né nobile né squallida, non si vuole negare alla felicità.

Dici che il posto migliore per sentire meglio, sta proprio dietro alla punta di un disegno immaginario che dal mixer dei suoni e dei volumi si traccia fino al palco. Non ho capito niente, ma va bene dove siamo. Si vede, si sente bene e poi siamo vicino alla porta così non fa troppo caldo. Inizia il concerto, ma non è l’orbita principale. Il pianeta, è quella piccola parte di suolo che in quel momento è abitata da me e te.

Forse a Barry anche un piccolo sorso di birra da fastidio… ma lontano dall’adolescenza ci s’inventa una vita logora, tremenda. E Barry, preferisce non inventare niente.

E così passano le canzoni. Qualche commento e qualche tentativo di foto. Il tempo di una sigaretta, non ti preoccupare che io t’accompagno, e si rientra. Hai visto il chitarrista? E’ un pazzo completo. La musica dei Wilco, s’ascolta bene. Lo so, non c’entrano niente con i Puscifer ma chissenefrega. Ognuno di noi ha l’immaginario che si trova fra i piedi. Esci per un’altra sigaretta. Ti accompagno. Ci sono quelli che vendono le magliette e ti racconto che il più delle volte, dopo ad un concerto, una maglietta me la compravo sempre. Vedo adesso, che ci sono delle magliette con i componenti del gruppo… ma no, ne manca uno. Hai fame, hai volgia di patatine fritte. C’è odore, puzza che arriva da quei baracchini che danno da mangiare. Chiedi, ma le patatine non le fanno. Fa niente, piadina e salsiccia. Guarda, là c’è un tavolo vuoto, due panche. Ci sediamo, proprio di fronte. Vicino a noi c’è un alberino senza foglie. Un po’ di gente che cammina. Poi, tu ti alzi e ti siedi dalla mia parte.

Barry, non si è ancora ridotto a patologia.

E mentre me ne sto li seduto vicino a te, su una panca di legno, i tuoi occhi mi stanno dicendo che il mondo può far male. E in quel momento, non riuscivo a trovar le parole per chiarire a me stesso e anche al mondo, cos’è che fa male. Questo, lo diceva un vecchio cantautore.

Ciao, io sono Barry, grazie per non aver detto “alla prossima”.

r.l.

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