La riva che s’apre sul fianco a ponente di Monte della Vecchia che ne marchia di lontano la fisionomia nacque settant’anni fa sull’ albeggiare di un giorno di fine maggio 1939. Il versante era prima coperto da bosco e da un bel castagneto di proprietà del podere Fontanella a cui si accedeva da una cavedagna in leggera salita.
Era piovuto molto in quei primi mesi del trentanove.

Una perturbazione consistente aveva investito la nostra regione, ma si era accanita in particolare fra le valli del Senio, Lamone e Sintria. Nel mese di gennaio a Casola erano caduti 134,8 mm di pioggia, in febbraio appena 10 poi in marzo 201,5, in aprile 111,5 infine in maggio addirittura 360,5 . In quattro giorni, dal 30 maggio al 2 giugno, caddero quasi 200 mm d’acqua su terreni che erano già arrivati al punto di saturazione mentre nello stesso periodo a Imola ne erano caduti 184, a Massalombarda e Medicina 123, a Castel del Rio 184.
Anselmo Ferrini e la sua famiglia erano allora i mezzadri del Poggio. Verso mattina furono svegliati di soprassalto da un sordo fragore che s’addensava nell’aria umida e calda e lentamente pareva rotolare. Tutti i nove componenti della famiglia si precipitarono fuori e alla luce livida dell’aurora videro che una parte del monte stava rovesciandosi.
Furono portare fuori le bestie dalla stalla e legate sull’aia. Più l’alba sbrogliava più era chiaro che si trattava di qualcosa di più di un semplice “dilatto” come già tanti se n’erano aperti in quelle piovose giornate.
Un ampio fronte di frana s’era staccato e premeva sul cono a valle.
Quei campi che oggi anche dal paese vediamo a seminativo erano allora tutti sistemati a piantate. Filari di oppi, di mandorli e meli maritati alle viti, segnavano i rettangoli dei seminativi dove si coltivava medica, frumento, “formentone” e, nei terreni più freschi, anche canapa. Queste linee parallele nel corso della giornata un po’ alla volta iniziarono a torcersi spinti dalla mano possente del fronte di frana. L’impluvio del rio che corre fra i poderi Fontanella e Il Poggio diventò l’alveo dove la spinta della frana andò a spegnersi. L’assestamento, nell’alternarsi di crolli e movimenti, durò quattro giorni in cui le due case vennero sfollate per precauzione. Poi le famiglie tornarono, ma ormai la fisionomia dei campi e della collina era definitivamente mutata. Oggi la ferita da lontano sembra del tutto sanata. Il fianco a ponente di Monte della Vecchia è per noi una veduta abituale con la sua riva dove la formazione geologica marnoso arenacea fa bella mostra di sé. Nel dopoguerra i rimboschimenti di conifere hanno steso un manto verde anche nelle pendici più recalcitranti a ricoprirsi di vegetazione. Camminando alla sua base invece sono ancora ben evidenti i segni della potenza che il dissesto impresse negli enormi macigni divelti, nelle faglie secondarie, nell’orografia irregolare.
Le cause? Chi ha visto la genesi della frana di Roncosole può subito intuire l’analogia. Strati di marnoso arenacea a franapoggio che a seguito di abbondanti infiltrazioni su faglie sotterranee si staccano sotto il peso enorme di terreni argillosi inzuppati.
Dalla “ relazione sui danni provocati dalle piogge eccezionali del maggio 1939-XVII” ( dell’era fascista) scritta il 3 giugno dai tecnici del consorzio della bonifica di Brisighella ( ora della Romagna Occidentale) si capisce come ben più forti furono le piogge e di conseguenza i danni nelle valli del Marzeno e del Lamone dove negli stessi giorni di fine maggio caddero ben 324 e 230 mm.
Nella valle del Marzeno crollarono ben 26 case, 12 in quella del Lamone e 5 in quella del Senio ma fortemente lesionate furono 60, 50 e 20 rispettivamente. “ I danni alla viabilità e ai coltivi sono generali e rilevantissimi e non è possibile allo stato attuale tradurli in cifre.”
“ I danni maggiori si riscontrano nelle falde dovuti a frane e scoscendimenti di ampie zone….Non vi è falda che non presenti fessurazioni di cedimenti avvenuti e non vi è pendice che non presenti scivolate di terreno spesso dall’apice al piede.”
Vi è poi una frase dove la relazione pare proprio descrivere il fenomeno di monte della Vecchia quando dice che “dove il terreno era più profondo e dove le condizioni stratigrafiche erano favorevoli al movimento, si sono formati distacchi di oltre 30 metri di altezza e scorrimento di masse di oltre 200 metri di larghezza per 300 di lunghezza”.
Il 1939 è rimasto negli annali meteorologici come l’anno in assoluto più piovoso per Casola con un totale di 1459 mm



Roberto Rinaldi Ceroni
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