Senza andare troppo indietro con gli anni ricordiamo una civiltà prettamente contadina i cui usi e costumi erano essenzialmente dettati dalle variazioni periodiche del clima, dove la vita si svolgeva all’aperto e riscaldare le abitazioni poteva rappresentare un grosso problema, mentre oggi si lavora (quasi tutti) davanti ad un computer, in una stanza con aria condizionata e con i termosifoni sempre al massimo, ci si sposta con macchine dotate di mille optional oppure in treni super efficienti e aerei. Ebbene in questo mondo sembra che le variazioni climatiche ricoprano un ruolo ben più importante rispetto al passato e non passa giorno che i mass media non ci bombardino con allarmi e proclami sul clima.

Ogni volta si presenta lo scienziato di turno che ci illustra come stiamo attraversando l’agosto più freddo degli ultimi dieci anni, l’ottobre più caldo degli ultimi venti anni, l’anno più secco dal 1998, l’estate più piovosa di questo inizio di millennio. Purtroppo viviamo in un periodo in cui anche la matematica è un’opinione, perciò cerchiamo di ridare ai numeri una loro dignità e valore, ricordiamo che la terra ha circa 4,7 miliardi di anni, l’Homo Erectus la popola circa 1,5 milioni di anni e l’Homo Sapiens Sapiens è comparso circa 35 mila anni fa.
Un mese solare rappresenta la 420 millesima parte della “nostra vita”, con le debite proporzioni è come se ci limitassimo a considerare la temperatura di un minuto rispetto ad un anno intero, e allora????.....sessanta minuti, mi sembrerebbe la risposta scientificamente più onesta.
L’alternanza di periodi particolarmente freddi e caldi esisteva ben prima delle macchine, delle industrie, degli spray deodoranti… Troppo spesso l’uomo ha la presunzione di poter controllare tutto, anche il clima, sia nel bene che nel male.
L’educazione dei cittadini ed il rispetto per l’ambiente, in tutte le sue componenti, passa attraverso la divulgazione di materiale scientifico serio che prende in considerazione un ampio intervallo temporale, grazie alla ricerca scientifica si è riusciti a ricostruire le temperature del passato attraverso indicatori climatici catturati da rocce, coralli, ghiacci e vegetazione. Esistono in natura degli organismi molto sensibili alle variazioni termiche e capaci di registrare questa variabilità al loro interno. Lo sviluppo scientifico, grazie a varie metodologie, quali rapporti isotopici, presenza di elementi in tracce, velocità di accrescimento, presenza/assenza di fossili in rocce sedimentarie, ha così permesso di ricostruire la ciclicità climatica degli ultimi milioni di anni ed in particolare durante il periodo Quaternario (1,78 Ma-oggi).
Da queste ricerche emerge che anche gli elementi di questo pianeta più sensibili alle variazioni climatiche hanno la capacità di reagire e rinascere dopo delicati periodi. I mass media ci ossessionano con annunci di imminenti catastrofi ambientali (gli atolli verranno sommersi, la neve non cadrà più sulle Alpi, l’Italia diventerà come il deserto del Sahara).
Per controbattere a questo “catastrofismo ambientale” basti ricordare che quelle rocce del Mar Rosso sulle quali molti si sdraiano a prendere il sole non sono altro che barriere coralline fossili, praticamente identiche a quelle meraviglie cromatiche che tuttora si osservano sotto la superficie di quel mare. Questo delicato ecosistema era presente prima dell’ultimo glaciale (Wurmiano, da circa 75 mila a 10 mila anni fa), durante questo periodo particolarmente freddo la temperatura è diminuita mediamente di 5-6 gradi centigradi, l’estensione dei ghiacci continentali ha avuto come conseguenza la diminuzione del livello marino del Mar Rosso di circa 70 metri , raggiungendo, al suo acme, circa 125 metri al di sotto del livello marino attuale, lo stesso mare, con la chiusura dello Stretto di Bab El Mandeb, si è trasformato in un lago ad elevata salinità. Un’evoluzione simile a ciò che è accaduto nel Mediterraneo con la chiusura dello stretto di Gibilterra e la conseguente formazione dei depositi gessosi-solfiferi che si osservano sui nostri Appennini.
Dobbiamo avere maggiore rispetto della natura, non sottovalutiamola e cerchiamo di ridurre al minimo il nostro impatto sulle sue attività, ricordando che la sua capacità di risposta alle variazione climatiche è decisamente maggiore alla nostra. Purtroppo sembra che l’opinione pubblica, ed in particolare il mondo politico, si possa coinvolgere solo urlando di un’imminente catastrofe naturale, non vorremmo che si trasformasse nella classica storiella “al lupo al lupo”……

Davide Sasdelli
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