Era un po' che non lo vedevo in giro. Ho immaginato fosse ricoverato. Allora ho chiesto a chi poteva sapere e ho imparato che Gabriele Suzzi è morto.

Detto Mamola.

Interpreto il silenzio attorno a questa triste notizia come una forma di riservatezza. Come l'intenzione di non voler disturbare. Caro Gabriele io ti conosco, tu non disturbi affatto.

Lo soprannominammo così per via della sua somiglianza col pilota motociclistico Randy Mamola. Era il 1979, avevamo 15 anni e noi ragazzini gravitavamo attorno all'officina di Mino, al Macello e Gabriele aveva sguardo, naso, capelli e lentiggini, la faccia da bambino insomma, di Mamola.

Da bambini siamo stati grandi amici. Gli unici,lui e io, all'età di 4 anni (parlo del 1968, quindi) a ritrovarci liberi, fuori dall'asilo, nei territori del vecchio campo sportivo.

Io che l'ho conosciuto bambino, ricordo il passamontagna, la giacca a vento e i pantaloni lunghi, ma di maglia (si usava così allora) mentre io portavo ancora le braghe corte, ma soprattutto ricordo suoi i guanti con le dita tagliate che nelle giornate terse portava alla bocca per soffiarvi sopra l'alito caldo. Per noi, bambini selvatici, dicembre era come marzo e marzo come agosto.

Quante battute di pesca con le mani, cercando le tane di barbi e cavedani sotto i sassi del fiume dal Cantone a scendere fino ad Arsella, riempendoci le mutande dei pesci più grossi e tirandoci in faccia quelli più piccoli. Allora, l'unica differenza rilevante fra noi era la statura. Io di febbraio, lui di marzo, io ero decisamente più alto. Poi le cose cambiano, la vita prende le strade sue, eventi più grandi di noi, profili già tracciati,  decidono il nostro destino e senza che  possiamo averne contezza. Lui in fonderia, io a scuola, ovvio. Come avremmo potuto essere lungimiranti?

Nessuno può ignorare come le cose, nel volgere di una brevissima stagione sbagliata, siano andate malissimo per Gabriele.

Tutti sappiamo come più di ogni altro abbia pagato duramente e senza sconti i propri errori.

Vorrei solo dire che Gabriele Suzzi è stata la persona più buona di cuore e più candida che io abbia mai conosciuto.

Negli ultimi anni ci incrociavamo, due frasi: come va? Bene, e tu?  Poco di più. Qualche chiacchiera su quel tempo remoto. Quand'è che andiamo a pescare? Il suo modo di sorridere ironico e profondamente mite: lo stesso di allora.

Sono certo che se ci fosse un paradiso lui siederebbe non distante dalla mensa del Padre.

Lo stimavo e gli volevo bene.

C.M.

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