Ciclismo, vivai, olivi, una originale emigrazione al sud, poi il ritorno alle nostre terre, il frantoio e in tutto ciò, tanta passione. La storia emblematica ed avvincente di un casolano che ce l’ha messa tutta e ce l’ha fatta.

Guglielmo Rossi è un ex casolano che ho incontrato, quasi per caso, peregrinando al seguito di alcuni amici casolani e bolognesi con piccolo carico di olive, coltivate amatorialmente nella nostra vallata.

E’ così che sono capitato nel “Frantoio Imolese”, ovvero l’unico frantoio per olive “emiliano” della nostra regione.

Attenzione…, ho specificato “emiliano” perché di mulini da olio o frantoi “romagnoli”, a partire da Brisighella e seguendo le colline ad est verso il mare, ve ne sono altri, ma in Emilia no! L’unico esistente è quello di cui parleremo, posto in territorio imolese, in zona Torranello, più precisamente in via di Nola, sul crinale di confine fra il comune di Imola e di Riolo Terme.

Mi si dirà: ma Imola non è ancora Romagna ? ….. ahi, ahi, ahi ! Ci stiamo addentrando in un terreno pericoloso …. allora diciamo: certamente Imola è romagnola sotto il profilo storico, culturale, lessicale, ma sul piano amministrativo è in provincia di Bologna, quindi in una provincia emiliana, quindi il “Frantoio Imolese” è in Emilia ed altri non esistono in tutte le altre provincie emiliane.

 

Ma veniamo a noi; perché parliamo del Frantoio Imolese?

Ne parliamo perché è un gioiellino di modernità , di tecnica, di razionalità, di efficienza, di ordine e pulizia, ma, soprattutto, perché a crearlo e a svilupparlo è stato un ex casolano, un casolano tutto energia, intraprendenza, muscoli (nelle gambe) e nervi d’acciaio: Guglielmo Rossi , un ex casolano veramente interessante.

- L’infanzia

Guglielmo é nato in quel di Valdifusa, più esattamente ai “Runzò”, nel 1942, penultimo di 8 figli ( 4 maschi e 4 femmine) di una famiglia contadina, di quelle che a quei tempi popolavano tutte le nostre campagne e che in seguito sono andate via, via, ad arricchire di braccia robuste e voglia di fare le nostre pianure e non solo. Infatti anche la famiglia Rossi, pian piano, a tappe, scese a valle.

Prima dai Runzò di Valdifusa alle Canove di Pagnano da dove, al compimento dei sei anni , Guglielmo aveva cominciato a frequentare la scuole elementare di Valdifusa, ogni giorno scavalcando a ritroso il passo della Cellentina , in inverno con un ciocco di legna sotto il braccio, com’era d’uso a quei tempi, quale contributo familiare al riscaldamento di tutta la classe.

Poi (altra tappa) dalle Canove al Capanno di Prugno, sotto l’egida di don Albano e con frequentazione della pluriclasse allocata alla Collina.

In seguito (altra tappa ancora) dal Capanno a Campiano, nel comune di Riolo, con frequentazione della scuola a Casa Oliveto ( un immobile ora acquistato dalla famosa cantante Laura Pausini) ed Infine l’approdo alla promettente pianura in quel di Mordano prima e a Bagnara poi

- La passione per la bicicletta

Nel frattempo nel cuore e nei muscoli del nostro Guglielmo stava maturando la passione per la bicicletta: la grande passione sportiva della sua vita. Guglielmo cominciò a pedalare su di una vecchia bicicletta Legnano usata e ben presto si accorse di avere buoni muscoli nelle gambe ed una marcia in più rispetto ai vari competitori occasionali, soprattutto nei tratti in salita dove il suo fisico minuto, sano ed asciutto, riusciva ad esprimersi al meglio e dove, sin dai primi tratti, era solito lasciarsi gli avversari alle spalle.

Il ciclismo gli entrò nel sangue e a partire dal 1958, prima nella categoria “esordienti” , poi in quella “allievi”, Guglielmo cominciò a gareggiare per la società ciclistica “Placci” di Bubano.

Tante gare e tanti ottimi piazzamenti e nel 1960 il passaggio alla categoria “dilettanti”, nella società “Mago” di Barbiano. Anche qui tante gare e sempre ottimi piazzamenti, sempre fra i primi, e tre vittorie, la prima delle quali, quella che Guglielmo ricorda con orgoglio e qualche luccicone negli occhi, fu quella che conquistò proprio a Casola Valsenio, il suo paese natale: la coppa “Città di Casola Valsenio” , una gara massacrante di oltre 170 km : due volte il cosiddetto giro di Marradi, con partenza da Palazzuolo, due volte la salita delle Caibane, due volte la salita della colla del Carnevale, tre passagi a Casola, l’ultimo dei quali per l’arrivo al traguardo.

La strada a quei tempi era in buona parte ghiaiata ed in alcuni tratti sterrata. Guglielmo staccò tutti sulle Caibane e proseguì da solo in testa per il resto della competizione e da solo arrivò primo alla meta.

C’è una bella foto che ricorda l’episodio e che mostra Guglielmo trionfante ed esultante sulle spalle dei suoi tifosi sulla sfondo del palazzo dell’allora farmacia Rinaldi.

Sul piano sportivo tuttavia l’impresa più prestigiosa per il nostro Guglielmo fu la qualificazione nel trofeo “San Pellegrino” per la gara finale a livello internazionale da disputarsi a Parigi.

Il trofeo “San Pellegrino”, gestito e diretto da Gino Bartali per conto dalla omonima società ciclistica, comprendeva una serie di gare ciclistiche internazionali riservate alla categoria dilettanti, tramite cui la società promotrice si proponeva di selezionare i futuri professionisti da ingaggiare nella propria squadra.

In diversi paesi europei, nell’arco di un anno, si organizzavano varie gare selettive ed al termine del ciclo, per ogni nazione venivano selezionati una decina di ciclisti che, per la scrematura finale, dovevano competere fra loro partecipando ad una corsa a livello internazionale.

Nel 1962 Guglielmo Rossi, dopo aver ottenuto ottimi piazzamenti in tutte le gare italiane del trofeo “San Pellegrino” , fu scelto, assieme al campione faentino Antonio Albonetti, a far parte della squadra di 10 italiani che disputarono la finale del torneo a Parigi, con arrivo a Versaille (per la cronaca Albonetti giunse secondo e Rossi si piazzò entro i primi venti).

- Il servizio militare, la svolta agricolo vivaistica, l’emigrazione al sud

Nel 1963 Guglielmo stava trattando per un ingaggio con la società ciclistica Salvarani quando dovette mettere in un angolo la bicicletta perché chiamato a svolgere il servizio militare, nel corpo degli Alpini a Mondovì. Il 1963 stava volgendo al termine e Guglielmo ricorda ancora lo sgomento della notte del 9 Ottobre, quando in caserma si diffuse la notizia del disastro della diga del Vajont . Il corpo degli Alpini fu tra le prime formazioni dell’esercito ad essere chiamato per portare soccorso. La sua compagnia in quel frangente fu spostata a Pieve di Cadore e da quella base Guglielmo partecipò alle lunghe e complesse operazioni di aiuto ed assistenza alla popolazione sommerse dalla terribile onda devastatrice che dalla diga si era riversata nella valle sottostante.

Finito il servizio militare si pose il problema di cosa fare. Nel frattempo era morta la madre e le sorelle si erano sposate per cui in famiglia erano rimasti Guglielmo, suo padre ed altri due fratelli. Ovviamente in precedenza Guglielmo non aveva solo corso in bicicletta , ma aveva lavorato anche nei campi e pian piano aveva acquisito buone conoscenze in campo agricolo, soprattutto per quanto riguarda la potatura delle piante da frutto.

Poiché a Bagnara, dove allora risiedeva la famiglia Rossi, il podere che coltivavano non era molto grande e rimanevano tempo e braccia disponibili, Guglielmo, che si era fatto notare per abilità e competenza, aveva trovato modo di collaborare nei mesi invernali come potatore specializzato, con l’ Istituto Ricerche Forestali di Roma, che lo inviò ad operare per alcune stagioni, nei campi sperimentali della Basilicata, a Policoro, Metaponto e Spezzano Albanese Terme, ai confini con la Calabria.

Questa attività aprì la strada del futuro per il nostro Guglielmo Rossi perché, allorquando nel 1966 una grande azienda agricola di Eboli (l’azienda agricola Melloni) decise di trasformare la piana del Sele da territorio di pascoli per le bufale in frutteti, vigneti ed oliveti, il nostro ex casolano fu uno dei tecnici potatori ingaggiati. Cominciò come salariato ma poi assunse funzioni di sempre maggiori responsabilità fino a diventare un dirigente dell’azienda che nei tempi di maggior punta occupava fino a 170 dipendenti .

Prima di diventare dirigente però il nostro Guglielmo dovette impegnarsi in un altro faticoso sprint. Non in bicicletta questa volta ma a scuola. Infatti per poter ricoprire il ruolo di dirigente occorreva un diploma di tecnico e perito agrario ed il nostro compaesano, avendo a suo tempo interrotto la frequentazione scolastica in seconda media, dovette rapidamente rimediare. Studiando di sera conseguì dapprima il diploma di terza media, poi , frequentando scuole serali e lezioni private, con uno sprint pari a quello della sua memorabile fuga nella “Coppa città di Casola” , riuscì a diplomarsi come perito agrario in due anni, al posto dei cinque normalmente occorrenti.

Una bella carriera, e dire che non si era certo aperta sotto i migliori auspici. Infatti Guglielmo si mise in viaggio per raggiungere Eboli il 4 Settembre 1966, nientemeno che il giorno della disastrosa alluvione che sommerse Firenze.

Secondo Primo Levi, lo ricordate? “Cristo si era fermato ad Eboli” …. , Guglielmo, invece, partito per Eboli si dovette fermare a Firenze per l’interruzione dei servizi di trasporto e, tornato a Bagnara, potè ripartire per la sua destinazione solo dopo un mese.

Nel 1967, a Eboli, Guglielmo incontrò la futura moglie, Anna Ciao, che sposò nel 1968. Intanto , oltre a lavorare nell’azienda Melloni, aveva cominciato a guardarsi attorno e pian piano riuscì a comprarsi un appezzamento di terreno che iniziò a trasformare in un vivaio e su cui costruì anche la sua bella casa ed un capannone.

Nacque così , nel 1979, l’impresa “Vivai Rossi” , due ettari coltivati con un ampio assortimento di piante, di cui divenne responsabile e gestrice diretta la signora Anna Ciao.

Il sig. Guglielmo si licenziò come dipendente dalla ditta Melloni all’inizio degli anni ’80, ma continuò a dirigerla come professionista esterno per altri tre anni poi si dedicò solo al vivaio, insieme alla moglie, assumendo anche la rappresentanza della ditta vivaistica “Rauscedo”, nota e diffusa a livello internazionale.

Il ritorno al nord, l’oliveto, il frantoio.

Nonostante il successo ottenuto al sud, nel cuore del nostro ex concittadino era forse rimasta la nostalgia delle terre di origine per cui, quando nel 1988 si presentò, del tutto inaspettata, una prospettiva di ritorno, la colse con il solito coraggio e spirito di intraprendenza.

Guglielmo si trovava in gita a Budapest con la moglie quando, per un caso fortuito (pensate alle coincidenze) , senti accennare da un compagno di viaggio ad un fondo semi abbandonato sulle colline imolesi, il “Casone di Nola” a ridosso e ai confini del comune di Riolo Terme. Il nostro dinamico personaggio drizzò le orecchie e su quella notizia cominciò ad disegnare il proprio nuovo futuro. Al ritorno da Budapest ,assieme alla moglie, si recò a visitare il fondo, ampio una ventina di ettari, e lo immaginò tutto rivestito di piante di olivo. Anche la storia gli dava ragione infatti, andando a rimestare sulle vicende del lontano passato, si scoprirà che l’ulivo nelle nostre terre era coltivato anche in epoche molto antiche.

Un po’ di trattative e fu fatta, Guglielmo acquistò il fondo e nel 1989 si trasferì in Romagna…pardon in Emilia, a ridosso della nostra vallata. Nel frattempo a Guglielmo e ad Anna erano nati due figli, Virgilio e Daniele che, come vedremo, seguiranno le orme del padre, ciclismo compreso.

Il fondo fu tutto impiantato ad ulivo, sia con piante da produzione, sia con piantine da riproduzione, quindi anche con finalità vivaistiche. L’esperienza al nostro ex casolano e a sua moglie non mancava davvero ed i frutti non tardarono ad arrivare. Come sempre però bisognava non fermarsi e continuare a guardare al futuro.

Ben presto Guglielmo si convinse che per integrare il tutto e pensare ai possibili sviluppi della zona, convincendo anche altri agricoltori a seguire il suo modello, sarebbe riuscita assai opportuna la scelta strategica di realizzare un frantoio per le olive, così da realizzare il ciclo completo: vivaistica, impianti, raccolta del prodotto, molinatura, e finalmente olio di oliva di buona e controllata qualità.

Nel 2004 il frantoio vide la luce, dapprima in dimensioni e capacità ridotte, poi sempre più efficiente, ampio e soprattutto moderno. Il rinnovo completo del primo impianto, cominciato nel 2008, è stato portato a compimento nel 2010 ed ora è un piacere vedere questo piccolo stabilimento produttivo, affacciato sulla vallata sottostante del Santerno.

Attrezzature in lucido acciaio, pulizia ed igiene rigorosa, certificazione dei processi , gli addetti che si muovono in camice bianco come dei farmacisti, ma con quel sapore e quella atmosfera di essenza naturale, antica ed esotica che è propria ed indissolubilmente legata all’ulivo ed all’olio che se ne ricava.

La tecnica di estrazione

Dopo il colloquio con Guglielmo nella sua bella villetta adiacente al frantoio, mi sono fermato un po’ a parlare con il figlio maggiore, Virgilio, che mi ha spiegato nel dettaglio il processo di estrazione che l’impianto esegue a ciclo continuo in completa automazione, senza alcuna manipolazione, preservando così al massimo la qualità del prodotto.

Il raccolto delle olive viene immesso in una tramoggia per essere defogliato e lavato, segue la fase di schiacciamento delle olive nel frangitore. Da qui il prodotto passa alla gramolazione , ovvero ad un processo di amalgamento dell’impasto uscito dal frangitoio e successivamente alla fase di estrazione centrifuga che separa la parte liquida , ovvero il mosto oleoso, dalla parte solida cioè la sansa.

Con un’ultima fase, sempre realizzata in continuo con i processi precedenti, il mosto oleoso viene ulteriormente centrifugato per separare il liquido dalle ultime impurità ed ottenere così l’ olio finito.

Dalla frangitura delle olive si ottengono anche due sottoprodotti: il nocciolo di oliva, che viene utilizzato per il riscaldamento nelle caldaie a biomassa, e la sansa denocciolata, che viene conferita ad aziende specializzate per la produzione di gas a biomassa in appositi digestori e trasformato in energia anaerobica.

La capacità di trattamento del frantoio è di circa 20 q.li di raccolto all’ora. In un anno la quantità di olive trattate varia a seconda dell’andamento della stagione. Nel 2013 sono stati lavorati circa 3.000 q.li di olive. L’attività di effettiva frangizione del raccolto si svolge essenzialmente negli ultimi tre mesi dell’anno: Ottobre, Novembre e Dicembre.

Coloro che conferiscono le olive per ricavarne olio in conto proprio, attendono in sito il prodotto finito e possono assistere in diretta a tutto il processo. Diversamente i produttori di olive che invece vogliono cedere il prodotto consegnano al frantoio il loro raccolto ed è l’azienda “Frantoio Imolese” di Guglielmo Rossi & stessa che si incarica dello stoccaggio e della commercializzazione del prodotto finito, assieme a quello ottenuto dalla coltivazione del proprio oliveto.

I figli

Abbiamo accennato ai figli di Rossi che hanno seguito le orme del padre, anche, ed è una cosa abbastanza singolare, nella passione sportiva : il ciclismo.

Entrambi lavorano nell’azienda familiare, anche se competenze diverse: Virgilio, il maggiore, cura la parte gestionale e commerciale del frangitoio, mentre il minore, Daniele, si occupa soprattutto degli impianti e della coltivazione dell’oliveto. Aggiornamento ed ammodernamento continuo è il filo conduttore del loro impegno.

Entrambi hanno gareggiato nel ciclismo fino alla categoria dei dilettanti , e Virgilio, anche dopo aver lasciato le gare, è rimasto a buon titolo nel mondo delle due ruote in quanto svolge con passione, competenza e professionalità la funzione di radiocronista al seguito delle gare dei professionisti. Prossimamente ad esempio sarà in Dubai, a seguire il “Tour de Dubai”, finanziato dagli emiri o sceicchi del posto e gestito dalla Gazzetta dello Sport.

Nel colloquio che ho avuto con Virgilio mi sono reso conto che l’intraprendenza di cui Guglielmo ha sempre dato buona prova è stata trasmessa con efficacia ai figli i quali nel comparto del loro settore agricolo hanno progetti assai dinamici anche per il futuro e dei quali presto il territorio imolese potrebbe utilmente giovarsi.

Guglielmo Rossi, il nostro ex compaesano, dopo tanto lavoro, dice di volersi riposare un po’, ma per ora è ancora tutto il giorno nei campi, ed io credo che continuerà a restarvi ancora a lungo. (Alessandro Righini)

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