Sbandieratori, musici e... in Cile

La notte scorsa ho sognato, ero un bambino. Il mio nome era Beniamino, e per qualche giorno, ho sconfitto l'abitudine al buio e alla densità del silenzio. Intravisti come la faccia luminosa della luna, i miei eroi, erano Alfieri del Niballo. 

La Serena, interno giorno:

Quella notte, cominciò con lo sbarco in terra Cilena del gruppo Faentino.

Un totale di 19 persone. Un insieme di musici, sbandieratori veri e diversamente veri, e pregevoli accompagnatori.

Un viaggio partito in pullman da Faenza e arrivato a Venezia. Successivamente decollato con voli in serie: Venezia/Madrid – Madrid/Santiago - Santiago/La Serena. Atterrato finalmente nella IV regione di Coquimbo.

 

Base di questa prima fase, per una settimana, La Serena.

Rinomata zona di villeggiatura cilena dove spicca il Faro (simbolo della città), un favoloso lungo mare, alcune strutture alberghiere enormi, esagerate rispetto a quello che s'incontra poco distante. Un poco distante fatto di piccole e colorate case, con ammasso di fili elettrici 'dinanza, pencolanti su ciò che è la vita dipinta da queste parti.

La Serena, è stata il punto di partenza di tutti gli spostamenti e uscite in questa zona del Cile, cullati dal fondo dell'Oceano Pacifico.

La Recova (mercato e città vecchia), La Cruz del III Milenio, Isla Damas, Vicuna e altre destinazioni.

Quel giorno, mentre camminavo sulla sabbia della strada vicino all'Isla Damas, mi fermai. Una casetta gialla, una bandiera Cilena, una pianta verde, una sedia rossa vuota, un po' di paglia secca sul tetto. L'insegna “Restoron Cho.Tito Nias”, un pranzo meraviglioso. Al suo interno, un nuovo significato attinto dai pozzi più profondi dei nostri affanni. Un antidoto alla statica vita quotidiana e un tentativo di non soccombere al troppo, che rende vuoti dentro. Pensieri, frasi spezzate, rovesciate come cocci di vetro. Raccolte, per un attimo, all'interno di quella casetta gialla.

 

Rapa Nui, Isola di Pasqua, esterno giorno:

Se avessi un mondo come piace a me, là niente sarebbe com'è, perchè tutto sarebbe come non è, e viceversa! Ciò che è, non sarebbe e ciò che non è, sarebbe.

Fragile, ambivalente, misteriosa, immersa nelle acque di quel silenzioso testimone che è l'Oceano Pacifico.

Rapa Nui, l'isola di Pasqua, capace di accoglierti con un senso di nullità a confronto di così tanta grandezza.

Un essere umano, emerso, con le sue paure relazionali.

La paura di fare i conti con sè stesso, come se il confronto con noi stessi non fosse una danza che ci procura curiosità, arricchimento.

Ma una fatica, un rischio, un pericolo.

Uno scoprire la nostra imperfezione, un dover scendere dal piedistallo.

Rinunciare alla voglia individuale, al benessere personale, all'egoismo dove il ricevere è più prezioso del dare. Come se amare significasse soprattutto essere amati.

Una spiaggetta, un bel sole, un mare pulito, un paio di palme. Manca il senso, la profondità, il battito pulsante di un posto come questo. No, non si tratta di un'isoletta tropicale. Rapa Nui è una fornace di suggestioni, protetta dai fedeli Moai (le statue). E' bello immaginare che Ranu Kao, custodisca nel fondo del suo vulcano, il mistero di questo luogo. Sotto un cielo difficile da dimenticare, dove le stelle ti prendono per mano e ti accompagnano fuori dal loro buio.

Me ne andavo con un cuore, cui mancava qualcosa.

 

Santiago del Cile, interno notte:

Città caotica, dove vive quasi la metà del popolo Cileno. Alla Clinica del Senor Matanza, per bere qualcosa insieme. Una parentesi di un paio di giorni, che servono a mettere in ordine i ricordi, come libri su una scaffalatura. Per non perdersi neanche un attimo. Santiago del Cile è Salvador Allene Cossons: “Tengo fe en Chile y su destino” (II De Septiembre 1973).

Questa mattina mi sono svegliato. Un bambino mi dice che le fiabe sono uguali alla vita, sono solo più vere, con meno bugie. Il suo nome, è Beniamino.

Poco dopo, il telefono squilla per aggiornarmi sui lamenti di familiari e amici, e persino il nostro amore, si raffredda.

 

rl

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