UN PASTROCCHIO TESO AD ANNACQUARE IL CONCETTO DI FAMIGLIA, E AD INSIDIARE ANCOR PIU’, SEMMAI VE NE FOSSE BISOGNO, L’ISTITUTO MATRIMONIALE.
Vengo a conoscenza che la nostra Amministrazione Comunale si appresta ad approvare l’istituzione di un registro delle unioni civili.
Su questo tema vorrei far notare che non esiste ancora una legge nazionale e che il tema è fortemente dibattuto per le gravi e complesse conseguenze che ne derivano sul piano etico, e su quello molto più pratico del diritto della famiglia, della sua stabilità, della salvaguardia dell’identità dell’istituto del matrimonio e del riconoscimento della validità e del valore di una scelta (quella del matrimonio) che impegna ufficialmente e con forti vincoli di responsabilità, sia personali che civili, un uomo ed una donna che decidono di metter su famiglia e far nascere figli, e così dare continuità, far crescere e progredire l’umanità.
Il registro di cui sopra è uno strumento quanto mai labile e fluttuante che il Comune intende istituire a tutela di legami affettivi esistenti di fatto e che si concretizzano nella semplice coabitazione di una coppia.
Dunque una coppia che voglia iscriversi basta che compili un modulo. La coppia non assume nessun obbligo se non quello della coabitazione fino a quando lo riterrà di suo gradimento, poi potrà cancellarsi dal registro senz’altro obbligo che quello di comunicare al Comune l’intento di cessare la coabitazione e il rapporto affettivo.
La cosa assurda è che a fronte di questa pressoché totale assenza di assunzione di impegni sul futuro, sulla stabilità del rapporto, e di seri e duraturi obblighi nei confronti dei partner, il Comune si impegna (cito testualmente dall’art. 4 del regolamento che si vuole approvare) ad equiparare al “parente prossimo del soggetto con cui è iscritto” il soggetto iscritto – e questo passi anche se, faccio notare una differenza, il parente prossimo non può cancellarsi dalla condizione di parente prossimo – ma soprattutto (e cito testualmente dall’art. 5) “ad assicurare alle coppie unite civilmente l’accesso ai procedimenti, benefici ed opportunità amministrative di varia natura, alle medesime condizioni riconosciute dall’ordinamento alle coppie sposate ed assimilate”
Dunque nessuna differenze fra coppie di “uniti dal vincolo del matrimonio” e coppie di “uniti fino a che mi interessa e non mi stanco”.
Capito giovani? Chi ve lo fa fare di sposarvi, assumervi impegni di fronte alla società e serie responsabilità nei confronti del partner? Con il provvedimento che il Comune si appresta a votare avrete le stesse opportunità dei “coglioni” (mi si passi la parola) che si sposano e tutto ciò senza pagare dazio… una bella e comoda chance non c’è che dire!
Come la mettiamo, tanto per citare una sola ipotesi, con l’eventuale graduatoria per l’assegnazione di appartamenti di edilizia popolare? Oppure con la gestione dei carichi tributari?
Vorrei poi fare rilevare una assoluta incongruenza: il regolamento definisce le coppie che si iscriveranno come “coppie unite civilmente”. E’ una definizione ed un concetto assolutamente improprio: allora che cosa sono le coppie che si sposano regolarmente con il rito civile?
Il concetto di “civile” quando è assunto da una autorità, appunto “civile”, sottintende un valore di responsabilità comunitaria. Quelle che si iscriveranno al registro invece sono coppie unite a “propria privata discrezione” che approfittano di alcuni vantaggi gratuiti in cambio di niente e di nessuna responsabilità stabile e comunitaria.
Che in mancanza di una legge nazionale che inquadri e dia corpo ad una meditata normativa in materia (con la debita e collettiva riflessione su tutte le implicazioni sociali, e le ricadute morali ed etiche nei confronti della convivenza della società civile) un Comune decida di fare di testa sua e di partire in quarta su di un tema così complesso e carico di pesanti ripercussioni sul concetto di famiglia, matrimonio e società civile stessa mi sembra francamente un salto nel vuoto o, nell’ipotesi più benevola, una fuga in avanti senza alcun costrutto e senza alcun senso seriamente meditato e discusso.
C’è poi il secondo aspetto, se possibile ancor più problematico e carico di pesanti conseguenze sul piano etico e della stessa concezione delle relazioni umane. Mi pongo di fronte a questo aspetto non sulla base di considerazioni di appartenenza ad un credo religioso (che mi sono proprie ma che non intendo imporre a nessuno) ma su una seria riflessione sulla natura dell’uomo e sulle modalità di esprimerla comunitariamente con pienezza e senso compiuto.
Il registro delle cosidette unioni civili, naturalmente, seguendo un filone della filosofia e del pensiero minimalista radicale alla moda, introduce il concetto di coppia indifferenziata di individui: unione di un uomo e una donna, unione di due uomini o unione di due donne non fa differenza.
In questo modo si scavalca e si supera con grande incoscienza e superficialità ogni analisi approfondita e meditata sulla essenza stessa della natura dell’uomo, un dibattito ancora pienamente in atto e tutt’altro che chiarito ed analizzato nei suoi aspetti più problematici, non solo a livello nazionale ma in tutto l’umano consorzio, appiattendo ed azzerando così, con estrema banalità, ogni più meditata obiezione, le perplessità e gli interrogativi e che sorgono di fronte ad una, a mio avviso, evidente forzatura e banalissima ed incosciente generalizzazione del concetto di coppia.
Anzi a ben meditare sulla natura del provvedimento che il nostro Comune, con avventata corsa in avanti si appresta ad approvare, sembra proprio essere questa seconda finalità il vero scopo della istituzione del registro delle unioni civili: cioè far passare di straforo l’ufficializzazione di una specie di surrogato del matrimonio per le coppie omosessuali, superando d’emblée ogni difficoltà ed obiezione.
Ma a ben guardare è tutto l’istituto del matrimonio che così viene attaccato ed insidiato con la proposta di ufficializzare un suo surrogato senza capo ne coda, come se non fossero già di per sé sconfortanti la deriva, gli scombinamenti e le problematiche familiari, che stanno sorgendo ovunque e sempre più frequentemente e pesantemente anche nella nostra piccola comunità, favoriti da una legislazione cosiddetta moderna, a partire dalla lontana introduzione dell’istituto del divorzio, spesso con pesanti e dolorosi riflessi e conseguenze sulle parti più deboli della famiglia, ovvero i figli.
Intendiamoci non intendo con ciò entrare nel merito delle scelte personali che ciascun individuo, nel rispetto del prossimo, intende effettuare, siano esse di natura sociale che sessuale.
Ognuno è responsabile delle proprie azioni e libero di condurre la propria vita come vuole purché non compia azioni delittuose e risponda responsabilmente del proprio operato. Non intendo neppure esprimere giudizi irriguardosi e superficiali sulle scelte sessuali che un individuo persegue. Naturalmente ho una precisa idea del concetto del valore delle differenze di sesso, della loro positiva e fondamentale valenza e delle prerogative che ne derivano all’interno del consorzio umano.
Ho anche chiara, sperimentata, documentata e personale esperienza di quanta sofferenza e difficoltà possa comportare ad un individuo una problematica identità sessuale. Ho il pieno rispetto dunque per le scelte personali che ognuno intende condurre e sono decisivamente, istintivamente e profondamente contrario ad ogni discriminazione che interferisca con esse. Un conto tuttavia è il rispetto per la libertà personale, un conto invece è il discernimento giustamente orientato, che deve caratterizzare gli istituti della società civili che non può confondere i differenti valori delle scelte che ogni cittadino è tenuto a compiere e delle responsabilità che ogni scelta comporta.
All’interno della composizione del Consiglio Comunale, sia nella maggioranza che nella minoranza, vi sono naturalmente varie espressioni della nostra comunità, differenziate, anche se coalizzate, per la ispirazione e la provenienza da diversi orientamenti di pensiero civile e politico. Mi auguro che in questa occasione, prima di approvare un provvedimento quale quello di cui sopra trattato, ognuno faccia memoria della fiducia e delle aspettative che in loro hanno riposto i loro elettori e che non si lascino trascinare da un 'laisser faire' o da una qualunquistica adesione all’ultima tendenza della cosidetta modernità.
Alessandro Righini