Prima di elaborare e spiegare il mio disaccordo (parziale) con il verdetto della giuria vorrei fare i complimenti a Casola per essere stata in grado, una volta ancora, di stupirmi con la sua capacità di aggregazione e di concentrazione di un gruppo importante di cittadini attorno ad uno stesso evento. Complimenti: “la festa di Primavera”, con la freschezza delle sue iniziative e con l’impegno che traspariva dai volti dei membri delle tre società, è stata sicuramente un’esperienza che “uno di via” come me ricorderà con affetto.

Mi preme anche suggerire che, se si vuole che “la festa di primavera” continui ad esistere e che diventi un avvenimento aperto anche ai non casolani, credo che sia necessario un lavoro di valorizzazione e spiegazione delle tradizioni che ancora non è stato fatto. Se si vogliono sottolineare le differenze che esistono tra i carri di Casola, Cento, Viareggio e Rio è necessario pubblicizzare le motivazioni storico-culturali che stanno dietro queste manifestazioni. Credo quindi, che la lunga tradizione dei “carri di gesso” meriti di essere valorizzata un po’ di più. Colgo quindi l’occasione per suggerire all’amministrazione, alla pro-loco, o a chi per esse, di attivarsi per una organizzazione ed eventuale pubblicazione degli archivi della storia dei carri di gesso, strumento fondamentale per una maggior comprensione (e quindi anche valorizzazione turistica) di questa tradizione.
Per quanto riguarda i carri, devo dire che non sono d’accordo con la giuria non tanto per quanto riguarda il primo premio (La società Peschiera ha sicuramente presentato il binomio relazione-carro più armonico e meglio realizzato), ma per l’assegnazione del secondo posto. Infatti se la società Peschiera deve parte del suo successo alla qualità della propria relazione, non capisco perché la società Input non dovrebbe trarre demerito da una relazione che sostanzialmente afferma: “la realtà non ci piace, quindi ci rifugiamo nella fantasia, quindi facciamo il carro che più ci piace”. Mi sembra un processo logico troppo semplice: le relazioni, a quanto mi è stato detto, dovrebbero essere il cuore del processo di ideazione di un carro, e non la sua giustificazione. Rimane il fatto che, da un punto di vista plastico e dei costumi il verdetto è stato giustissimo.
Proprio rispetto agli aspetti plastici e di allestimento dei carri vorrei fare alcune considerazioni:
“Storia dei sogni casolani”: Carro ben costruito e ben allestito, costumi molto curati, soprattutto nei dettagli che nascondevano i sostegni di sicurezza dei personaggi “appesi”, regalandoci così l’illusione di fluttuazioni vere. Bellissimi i ragni che spuntavano dalla base del carro (utilizzando anche in maniera innovativa ed efficace lo stratagemma dello sfondamento della struttura) dando la sensazione di una vera e propria minaccia incombente.
“La filastrocca della complessità dell’uomo”: questo era secondo me il carro con la struttura svestita più bella e spettacolare, una topografia di cristalli minerali che spuntano con forza dal terreno: bella l’idea e anche ben realizzata. Purtroppo, una volta vestito, il carro perdeva molta della sua forza: troppi personaggi, e tutti concentrati alla base, lasciando quasi vuota la parte mediana. Questo rimane comunque il carro più leggibile, in cui era più semplice decifrare il tema e il ruolo dei personaggi.
“Sulle ali di un sogno”: possiamo dire che il carro della società Input è il complementare del precedente: svestito il carro non presentava una struttura né equilibrata né interessante, ma una volta completato con quei pochi giusti e fantasticamente vestiti personaggi, il risultato finale era sicuramente d’effetto. Inoltre questo carro presentava una serie di intuizioni eccezionali: l’aver utilizzato il colore come un personaggio in più della rappresentazione è un merito indubbio, ma soprattutto l’aver capito che la leggerezza non si ottiene solamente appendendo improbabili angeli a 6 metri da terra, ma anche utilizzando tessuti e drappi che il vento possa muovere e che il sole possa attraversare creando effetti di trasparenza fantastici.
Con queste poche osservazioni “tecniche” ho terminato le mie osservazioni circa la “festa di Primavera” e non mi resta che salutarvi, sperando che nessuno si sia offeso per le parole da me dette (so che il post-festa di primavera è sempre un po’ burrascoso) e che il prossimo anno ci si rincontri tutti di nuovo per un’altra sfilata di carri di gesso.

Matteo Brucoli
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