Il 24 settembre 2011, ha festeggiato i 20 anni. Gli stessi che ha ora quel bambino che nuotava nudo in piscina dietro ad un biglietto da 1 dollaro. Oggi quel bambino ha un lavoro, ma come per tanti, il suo sguardo sarà quello disperato su un futuro che fatica a dispiegarsi. Quello sguardo, reso incendiario dalle canzoni di questo disco, Nevermind.

Alla gente di quel paesino piace la chiacchiera.
Una tragedia che colpisce qualcuno di quello stesso paesino. L’intoppo che rovina qualcosa. Quello che va a letto con quella e viceversa
L’interesse della gente di quel paesino, si smorza così in fretta che si può essere condannati anche per questo:
-L’essere complici di qualche parola messa in fila l’una dietro all’altra.
-Rubare tempo agli impegni.
-Rallentare le cose da fare.
-Risvegliare da quel rincoglionimento quasi totale che è la realtà, che loro stessi costruiscono e che non va mai bene.
In quel paesino vivono nel bisogno di parlare male dei vicini, del lavoro, delle fidanzate, degli amici. Ci rimangono male se non gli vengono riconosciute nelle chiacchiere degli altri, le loro buone qualità, i loro fantastici pregi. Qualcuno, non molto tempo fa, sognava quel paesino con quel suo segno distintivo. Lo sognava con una gardenia bianca che portava sempre tra i capelli. Sì, proprio come faceva Billie Holiday.

Un giorno, si accorsero che qualcosa cambiò nella loro amicizia. Mancò qualcuno quel giorno. Quest’assenza, significò qualcosa per tutti loro. Era scomparsa una certa complicità, era diverso, ed era successo a loro stessi. Non erano ancora alcolizzati, non cedevano ancora a qualche farmaco, erano ancora vivi. Ma era diverso.
“Come puoi dire che mi vuoi bene? Tu vuoi bene ad un’ideale di persona che non sono io”. Uno di loro si ridusse così. Viveva in un mondo ideale, che non era il suo.

Allergici ai sentimentalismi, semplicemente ci lasciammo sulle note di “Hey Hey, My My (Into the Black)” di Neil Young: la canzone citata da Cobain nella lettera d’addio.

r.l.
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