Una vertigine, una danza circolare sull’abisso, la mistica degli oggetti, il sogno e la vita di un uomo, un giardino di pensieri pensati, uno spazio altro dove gli oggetti si snaturano e si sublimano in qualcosa di ignoto, dove l’immaginazione si perde. Questo e molto altro appartiene al Museo Guatelli, il Bosco delle cose.
La porta per questo mondo onirico ha le sembianze innocue di una grande cascina rossa della bassa, un podere di Ozzano Taro a pochi minuti da Parma. Un museo del pensiero ellittico, un inno all’ethos del lavoro e dell’umano ingegno, un museo che sebbene rientri in quel vasto movimento di museografia spontanea che ha investito l’Italia dagli anni ’60, non ha in questo caso prodotto niente di simile al prototipico museo della civiltà contadina, ma al contrario qualcosa da leggere in modo assolutamente ermeneutico.
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