Così resti solo, in coda alla cassa di un iper mercato, con la certezza di aver passato davvero dei momenti che non s’abbatteranno mai.
L’Italia ai campionati Mondiali di calcio. Quella particolare avventura che ci vede ogni volta sempre più maturi e che ci guida attraverso un viaggio di palpitazioni e grida. Con il cuore illuminato e scomposto, alle prese con tutti i rischi della speranza. L’Inno nazionale, la bandiera italiana. Il corrersi e rincorrersi di quelle nostalgie per un’Italia in bianco e nero. Le facce di quegli amici e compagni di feste che pensavi sarebbero stati tuoi amici per sempre, e che per un motivo o per l’altro ritrovi a fatica.
Per circa un mese, quello che indossi dalla mattina alla sera, è una maglia azzurra. Con il tricolore stampato sul cuore, una specie di porta che conduce a sana, pura, intensa e inspegabile passione. E che ti vede come un palombaro, armato di desiderio di giustizia contro qualsiasi accidente della vita quotidiana.
Quell’azzurro ti fa rimanere vivo, ha la capacità di farti credere sempre in qualcosa di positivo anche quando ti si è appena sbriciolato tra le mani.
I campionati e l’Italia, non sono accampamento per le masse solitarie, non sono ripostiglio sociale. Sono esplosioni di valori autentici, intensi e deflagranti.

Nel 1978 era difficile stare al mondo. Pensare poi di nascere, una pessima scelta. Nel 1978 litigavano tutti come dei matti e nessuno aveva un atteggiamento amichevole verso gli altri. Sembrava che si sentissero tutti in dovere di accapigliarsi. Per qualcuno, fu l’anno del primo mondiale.
Nel 2010, è sempre un casino stare al mondo. Il lavoro più duro, è rimanere vivi. Sono passati milioni di anni, la specie umana non ha fatto granchè. Le distanze che ci sono tra noi e gli altri sono sempre quelle. Il contenuto, ancora non vince. La struttura è sempre quella. I forti e i furbi ti prendono per il culo. I deboli e i coglioni, per inerzia, se lo prendono sempre nel … solito posto che non ha confini.
Si lasciavano disegni, simboli, segni nelle pareti delle grotte. Si lasciano video, simboli, segni nei computer. Cambia la tavola, ma siamo sempre lì, a raccontare noi stessi. Con la speranza che arrivi sempre chissà quale entità, finalmente in grado di capirci. D’altra parte, tra le molteplici forme di bellezza, la più incompiuta è proprio la vita.

I vincenti e i perdenti, gli arroganti e i vigliacchi, i vecchi re e i giovani principi, i servi astuti e i profeti vaganti, gli insospettabili innocenti, gli innamorati, gli indifferenti, i bar, le terrazze, i giardini con le bandiere, i gruppi di tifo organizzato, la pizzata, la sbraciolata con la birra, i capisci, i caroselli, le facce tristi, chi non gliene frega niente, tutto quello che è successo nel Mondiale dell’82… W GLI SPOSI … ecc.ecc... Sono tutti ispiratori di sentimenti e calorose fratellanze ad ogni partita della nazionale. Non c’è niente e nessuno che tenga. La partita della nazionale, ci blocca. Il colore azzurro ci ipnotizza. La tv diventa sacra, e tutti noi, con occhi spalancati e stinchi in tirella, non aspettiamo che gridare al miracolo…“campioni del mondo”.




r.l.
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