Se dovessi trovare una definizione di settimana comunitaria userei queste parole: “un’esperienza concreta volta a rafforzare il senso di comunità di un gruppo di individui che si riconoscono in determinati valori e che cercano di viverli nella quotidianità”.
In definitiva questi giorni comunitari hanno significato condivisione delle gioie e dei dolori vissuti giornalmente, messa in comune delle difficoltà, aiuto reciproco, rispetto della libertà degli altri, decisioni prese in comune, crescita collettiva.

Sei persone che si trovano nella stessa stanza, a dormire, a mangiare, a studiare, a pregare, ma anche a divertirsi, a ballare, ad ascoltare musica, a dipingere, insomma a vivere, con tutto ciò che questa parola comporta.
Un’esperienza difficile da spiegare perchè non è stata costellata di quegli episodi straordinari che possono accadere in una route o in una semplice uscita, ma è più una sensazione che ti porti addosso non appena torni a casa, la sensazione di avere vissuto la tua vita normale condividendola in maniera totale con i tuoi compagni di strada, all’insegna dello stile scout.
Anche la semplice decisione su che ora puntare la sveglia ha avuto un suo valore, quello di trovare un accordo, un compromesso che accordasse tutti. E così è stato per il pranzo, pur tornando ad orari diversi abbiamo sempre mangiato insieme, aspettandoci a vicenda, chi con una fame da lupi che avrebbe sbranato il braccio del vicino.
Ogni componente del clan ha poi avuto a disposizione una giornata per proporre la propria catechesi, per occuparsi del cibo, per decidere che cosa fare dopo mangiato e così ci siamo sfidati a tabù (con una clamorosa vitttoria dei maschi), abbiamo visto Il favoloso mondo di Amelie, abbiamo studiato fino a tardi, abbiamo provato a vedere Shrek (dopo dieci minuti eravamo tutti nel mondo dei sogni) e per l’ultima sera abbiamo organizzato una bella cena per gli altri capi del gruppo che ci hanno parlato della scelta di fare il capo. In questa serata i capi sono stati coinvolti anche come giudici di una sfida mozzafiato tra le femmine che hanno proposto un balletto sulla musica di Lady Marmalede e i maschi (orfani del povero Rinfa che ha abbandonato la casa per febbrone da cavallo) che hanno invece inventato un semplice ma efficace reggae intitolato ovviamente “settimana comunitaria”. Per dovere di cronaca la sfida è stata vinta dalle ragazze (giustamente).
Una setttimana di vita quotidiana che è stata capace di trasformare il normale in qualcosa di straordinario... un’esperienza che, chissà, sarebbe bello rifare... anche solo per rivedere Laura che studia sotto le coperte come se avesse novantanni, Pozzi che decora un sedile di macchina da rally con il disegno di una donna bionica, Rinfa ed Ester che ballano a più non posso la musica del Cocoricò, Megghi che stressa con il Barocco e che si distrugge un ginocchio, per riassaggiare gli strichetti alla lepre o le crocchette di pollo della Mise, per riaccompagnare Ester verso qualcosa di speciale finito male, per ascoltare le vicende scolastiche più assurde del mondo, per prendere la macchina tutti insieme e ascoltare la canzone di Tiziano Ferro a tutto volume, per fare tutto quello che abbiamo fatto.

Clan Ombre Mobili
Albo-Poz-Ester-Rinfa-Megghi-Laura
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