The balance of power, la divisione ed il bilanciamento dei poteri. Si tratta forse del più importante dei principi dello Stato di Diritto. Ingradiente base per ogni democrazia moderna, almeno da quando Montesquieu scrisse lo Spirito delle leggi nel 1748. La soglia che distingue l'esercizio del potere, dal potere assoluto, il concetto che ha mandato in pensione le Monarchie assolute, trasformandole in Monarchie Costituzionali.

In realtà che il potere non si possa concedere ad un solo uomo o organo istituzionale a suo arbitrio, pena la Tirannide, è qualcosa che avevano capito già in Grecia dai tempi di Platone. Non si tratta di buoni o cattivi uomini o partiti, neache di un più o meno alto livello morale, è l'idea in se della concentrazione di potere che produce inevitabilmente guasti e perversione nel suo esercizio. Almeno questo c'insegna la storia degli ultimi tremila anni. Ed è per questo, che le Costituzioni ripongono più fiducia nel limitare le ambizioni degli uomini politici, di tutti gli uomini politici, piuttosto che sperare che ne compaia un giorno uno particolarmente illuminato. Fino a questo punto siamo, nell'ovvio, nell'abc del vivere civile, ed è per questo che si resta perplessi e sconcertati nel sentire le parole dell'attuale presidente del consiglio, Silvio Berlusconi. Sconcertati dal misto di fastidio, dispiacere, arroganza e candore nei confronti non solo della nostra Costituzione, ma di tutte le basi della civiltà e della legge. Mentre gli veniva conferito il premio Grande Milano, arringando l'operato del suo governo, lamentandosi della difficoltà incontrate nell'approvazione della famosa legge sulle intercettazioni, in tre frasi ha distrutto tre secoli di riflessioni sul diritto e l'esercizio della sovranità:

«...perchè l'architettura costituzionale dello stato italiano, ha spezzettato, ha frantumato il potere, in tante divisioni tra il capo dello stato, la camera, il senato, la corte costituzione, chi sta al governo deve agire soltanto sulla spinta di una sua personale politica autorevolezza, suggerendo cose che poi gli altri devono approvare...»

Il potere concentrato nelle mani di un solo uomo, è qualcosa che neanche Carlo Alberto nel 1830 si sarebbe sognato di chiedere. La Costituzione Italiana divide il potere, lo frammenta, lo spezzetta, ne pone uno a guardia dell'altro in un cerchio senza inizio ne fine. Quando insegno educazione civica ai miei studenti, cerco di fargli capire che ci sono delle ragioni nei passaggi parlamentari, nella ratifica delle leggi, nei contorti meccanismi di nomina dei giudici costituzionali, nell'esistenza dei referendum. La nostra Costituzione non è esercizio di burocrazia e garbuglio, ma saggio baluardo contro il ripetersi delle tragedie. Perchè il Fascismo in Italia fù tragedia. La Costituzione Italiana nasce sulle ceneri ancora calde del Fascismo, e se vuole essere utile alla sua nazione, deve impedere che questo si possa ripetere. Deve impedire che il potere scivoli in modo legale nelle mani di pochi, deve fare tesoro degli errori e non dare nulla per scontato. Deve presupporre che quello che è successo una volta possa ripetersi, in altre forme in altri modi, ma possa ripetersi. Scorrendo la storia dell'Italia Repubblicana, nel bene e nel male, la Costituzione ha svolto egregiamente il suo compito, nonostante tutto siamo ancora in uno Stato di Diritto. Ma attenzione, lo siamo, nonostante le stragi di stato, nonostante i tentativi di golpe, nonostante la P2, ecc. ecc. Forse i nostri padri costituenti non avevano visto troppo male pensando al peggio, ed operando per evitarlo. Sentendo le parole del nostro presidente del consiglio, sentendo il suo fastidio per le istituzioni, si è ancora più convinti della assoluta necessità della nostra architettura costituzionale. La Costituzione, così com'è uscità dal 1948, è viva, attuale e va difersa, perchè i pericoli di oggi sono gli stessi di ieri.

Andrea Benassi
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