Il 14 ottobre si avvicina e cresce l’attesa per le primarie del costituendo Partito Democratico. A questo proposito abbiamo incontrato Massimo Isola, candidato all’assemblea nazionale costituente nelle file della lista “Democratici con Veltroni”. Ne è nata una lunga chiacchierata che ha toccato i temi principali delle motivazioni della nascita del PD, le aspirazioni e le richieste di rinnovamento che giungono dalla società. Raccontate e analizzate da un giovane che, preso atto della crisi del sistema, ha deciso di gettarsi nella mischia.

Spekkietto: Massimo, dopo anni di lavoro organizzativo a supporto della tua formazione politica è arrivato il tuo momento. Quali sono le motivazioni che ti hanno portato ad accettare questa candidatura?

Diciamo innanzi tutto che questa è stata una scelta molto meditata. Più volte mi sono trovato in contesti da cui poteva nascere una candidatura, mi è stato chiesto più volte, ma non ho mai accettato perché volevo fare altre cose, avevo altre priorità fra le quali portare a termine bene gli studi universitari. In secondo luogo la motivazione è politica: il Partito Democratico lo sento come il mio partito perché è un progetto che mi appassiona e verso il quale provo un senso di appartenenza più forte rispetto a quello per DS e l’Ulivo che sono comunque i soggetti politici per i quali mi sono speso a fondo.

S: E’ evidente che questo è un progetto verso il quale nutri grandi aspettative…

Guarda, io penso che candidarsi sia una cosa molto seria. Al contrario di tanti, che purtroppo si candidano senza vere motivazioni, io percepisco la politica come una cosa molto importante, molto complessa ed anche molto emotiva. Per questo ho sempre pensato che fosse giusto candidarmi solo per un progetto che avesse un forte significato per me. Ora penso che quel momento sia arrivato ed in questa fase sono interessato ad un’esperienza di questo tipo, più che ad altre di stampo “amministrativo”, per esempio. Vorrei precisare che questa è una candidatura per la formazione di una “costituente” del Partito Democratico e dunque senza riscontri economici personali, si tratta solo di dedicare un’esperienza intellettuale, umana e culturale ad un progetto nuovo e in cui credo fortemente.

S: A questo proposito, quanto conterà il tuo vissuto e le esperienza avute finora in campo politico?

Ripeto, nel Partito Democratico credo molto di più che in altre esperienze del mio passato. Ciò detto, ho avuto l’opportunità di affrontare sfide importantissime, di scrivere, di organizzare eventi e campagne elettorali, in particolare le due al Senato per il sen. Andrea Manzella e quella per Erminio Fiamminghi al Consiglio Regionale. Con queste persone, che sono amici oltre che punti di riferimento, ho vissuto esperienze straordinarie, in cui ho imparato tantissimo e non nego che in questa fase sia entrata in scena la curiosità di provare a fare qualcosa per me, dopo aver speso tanto per gli altri. Insomma, penso sia il momento giusto. Credo di aver imparato la grammatica, di saper usare il vocabolario della politica e di avere qualcosa da dire. Ho conosciuto lo spazio fisico in cui mi devo muovere, non mi presento semplicemente per fare il “giovane”, come la pedina di un non ben definito gioco di società.

S: Il PD nascerà dall’unione di DS e Margherita. Non credi che ci sia il rischio che si crei una doppia identità sotto lo stesso tetto? Doppia la classe dirigente, doppio il sistema di ramificazioni con la base, doppie le sedi e così via. Come si può gestire in maniera intelligente questa situazione? La gente si aspetta qualcosa di nuovo e questo partito, per dare le risposte giuste, dovrà essere per forza un’entità diversa da ciò che si è visto negli ultimi decenni.

Ecco, questo mi sembra il tema centrale, per questo auspico un’assemblea costituente molto aperta, allargata e coinvolta anche a livello emozionale. Detto questo il primo dato è che il ‘900 ci ha insegnato molte cose: intanto che l’esperienza dei partiti piccoli è estremamente deleteria. Nel secolo scorso si sono verificate solo divisioni tra partiti, mai aggregazioni. A sinistra, a destra e nel centro, una volta consolidati alcuni blocchi, si sono formati partiti solo per sottrazione: il PCI si è staccato dal PSI nel 1921, dal PSI si è staccato il PSUP, poi il PSDI, senza parlare del terremoto degli anni ’90. Quindi c’è un po’ il fascino di fare qualcosa che in un secolo non è mai successa. Abbiamo imparato la lezione, abbiamo preso atto che così non si va da nessuna parte. Purtroppo lo abbiamo capito solo ora che il sistema è vicino al collasso.

S: Da un lato, è vero, c’è il fascino di fare qualcosa di “storico”, potremmo dire mai successo prima, dall’altro è comprensibile che a questo punto da parte dei cittadini ci possa essere una certa sfiducia se non addirittura timore nei riguardi di ciò che potrà essere questa nuova forza politica.

Certamente, anche perché veniamo da un passato in cui le scissioni di cui abbiamo parlato erano spesso frutto delle divisioni di gruppi dirigenti che dovevano trovare un loro spazio, piuttosto che di un reale riflesso della situazione sociale. Questo è stato un altro insegnamento piuttosto negativo. Il PD nasce proprio in opposizione a queste pratiche, per questo deve essere il frutto delle dure lezioni impartite dalla storia. Ciò detto io penso che il PD non debba essere l’unione di DS e Margherita, né dei due gruppi dirigenti. I due partiti hanno rappresentato esperienze abbastanza interessanti, ma assolutamente finite essendo sparito il senso storico della loro esistenza. Nella società italiana hanno fatto ciò che dovevano, ma oramai hanno esaurito la loro spinta propulsiva. Certamente all’inizio avremo un transitorio in cui il rischio concreto di un intreccio tra i due gruppi dirigenti ci sarà e magari si verificherà pure. Soprattutto nelle zone di maggior radicamento di questi due partiti, la cui struttura è talvolta elefantiaca, nel bene e nel male. L’importante è che questa sia solamente una fase passeggera. D’altro canto penso che, a livello amministrativo, negli ultimi anni DS e Margherita siano riusciti ad esprimere delle classi dirigenti molto valide e che queste esperienze non vadano cancellate, ma anzi debbano essere portate all’interno del Partito Democratico, anche se potranno essere percepite come una riproposizione del “vecchio”.

S: Per molti non sarà facile abbandonare le vecchie abitudini ed entrare in una mentalità nuova

Io mi sento un cittadino del Partito Democratico, non un DS che entra nel Partito Democratico. Certamente per la generazione precedente alla nostra il passaggio sarà più complesso, perché inevitabilmente è vincolata al ‘900 e si porta dietro quella parte di storia. La nostra generazione invece deve essere assolutamente protagonista, cioè dobbiamo impegnarci in prima persona perché non abbiamo tutto quel bagaglio da portarci appresso. A questo proposito, un parlamentare triestino che stimo molto, Gianni Cuperlo, dice: “Uno dei problemi della vostra generazione è che avete bussato alla porta quando dentro non c’era nessuno che vi dicesse di aprire. Il problema sta nel fatto che ad un certo punto dovevate aprirla”. Non l’abbiamo fatto, tant’è che Bersani definisce noi trentenni come la generazione invisibile. Questo siamo, invisibili: pensa che in parlamento ci sono solo tre persone sotto i 45 anni.

S: Quindi una opportunità per i trentenni di diventare protagonisti. Altro elemento: le primarie sono una novità recentissima per la politica italiana

Le primarie non fanno parte della storia del ‘900 italiano, ma io mi sento di dire che debbano essere un elemento caratterizzante della nostra politica, di quella che dovremo fare. Noi siamo più legati a questo strumento che altri hanno invece dovuto subire. Le primarie sono un evento importantissimo del nostro tempo e credo rappresentino un grande elemento di positività perché offrono al cittadino di scegliere tra più candidati. Certo, qualcuno potrà obbiettare che la scelta poteva essere più ampia, più libera, ma i partiti ci sono, l’Italia ha una sua storia e non può trasformarsi all’istante negli Stati Uniti. Dunque abbiamo le primarie declinate alla nostra storia. Per il momento rappresentano comunque un grosso passo avanti perché stanno aiutando ad allargare la partecipazione dei cittadini, a rafforzarne la capacità critica e a mettere in discussione certe categorie.

S: Premesso che tutti i candidati concorrono per formare un unico partito, perché ti sei candidato con Veltroni?

Premesso che apprezzo anche le idee di Letta, il patto generazionale, la meritocrazia, idee che dovranno comunque essere proprie del PD, non di un solo candidato, ho scelto Veltroni perché in questo momento storico mi sembra la persona più adatta per raggiungere gli obbiettivi che ci poniamo. Intanto, in termini di liste penso sia riuscito più di altri a raccontare la società italiana, riunendo le tipologie di persone che la rappresentano. Credo abbia cercato già in questa fase di porsi come leader del PD facendo un’importante opera di sintesi del panorama sociale. Penso ad esempio che Letta si sia invece concentrato più su un segmento generazionale e culturale ben definito, mentre la Bindi più su un segmento culturale.
Inoltre penso che Veltroni sia la persona più adatta per garantire ciò che serve alla nostra società: la competenza e l’orizzonte. L’obbiettivo principale del PD è quello di arrivare ad una politica delle scelte cioè il Presidente del consiglio, il leader del partito, i ministri. In generale dovrà promuovere una politica estremamente più decisionista, quindi una politica del fare, con una dimensione operativa molto più accentuata che porti quindi allo snellimento delle istituzioni, della forma partito, a una nuova legge elettorale. Allo stesso tempo, come in tutte le cose, oltre alla cultura del fare dev’esserci la cultura dell’essere e qui mi sembra che Veltroni possa essere l’uomo che apre un orizzonte nuovo.

S: Che cosa intendi per orizzonte nuovo?

I partiti di sinistra storica e quelli cattolici democratici sono nati tra la fine dell’ 800 e i primi del ‘900, quando c’era un altro tipo di società. Quando si pensava che la lotta di classe fosse il motore del mondo, quando c’erano le ideologie, i totalitarismi, il materialismo storico. Quei partiti erano nati da esigenze che non sono più quelle dei giorni nostri. Io non penso che la lotta di classe sia il motore del mondo, ma che le sfide da affrontare siano la povertà, la libertà individuale, il patto generazionale, la famiglia, il problema dell’ambiente. Abbiamo bisogno di costruire un partito nuovo, ancorato a quei due binari di competenza e orizzonte e che sappia dare risposte articolate ad una società complessa. Non c’è proprio bisogno di un partito che punti a fare un’intera legislatura o che sia la stampella del governo Prodi. Piuttosto è necessario ricreare quella carica di umanità che si è persa strada facendo. Secondo me la politica aveva imboccato una direzione di scarso fascino, fatta di freddezza, di meccanica, di politichese che sfocia nell’arroganza. Tutto ciò ha rischiato di ricreare la situazione di un Paese “legale” completamente disconnesso dal Paese reale. Recuperare il fascino di partecipare alla vita politica è parte di quell’orizzonte di cui parla Veltroni.

S: Parliamo del dopo, cosa succederà dal 15 ottobre in poi, quali saranno le priorità del PD appena costituito?

Le primarie consentiranno di eleggere un’assemblea nazionale e le varie assemblee regionali. Saranno questi organi a “fare” il partito. Veltroni e Bersani hanno insistito moltissimo sul carattere federalista della nuova formazione. Sulla scia di una grande storia federale italiana che non è quella razzista della Lega Nord, bensì quella dell’Italia delle cento città, quella dell’Italia dei Comuni, dell’Italia rinascimentale, il nostro Paese ha oggi delle specificità molto forti. L’assemblea regionale farà uno statuto regionale, cioè ogni regione potrà declinare i propri valori e principi sugli strumenti operativi della sua terra. Avremo quindi un partito federalista molto ancorato al territorio. Per il resto il partito lo dovremo fare noi, lo dovrà fare chi è eletto, lo dovranno fare i cittadini che in passato non si sono visti all’interno dei DS e della Margherita, ma si vedono dentro al PD. A livello organizzativo non vedo un partito delle primarie. Un amico mi dice sempre che le prime primarie le vinse Barabba, non Gesù. In ogni caso, mi piace sottolineare il carattere nazionale del PD, con una fortissima connotazione federale.

S: Abbiamo parlato di organizzazione interna del partito. Come credi si debba rapportare il PD verso l’esterno, verso gli altri partiti e le istituzioni?

Intanto l’obbiettivo del PD non dev’essere quello di riorganizzare la sinistra e il centrosinistra, ma di mettere in moto un processo che coinvolga tutta la sfera parlamentare democratica e porti, attraverso l’aggregazione dei partiti, verso un sistema sempre più bipolare. Tradotto significa partiti più grandi, con classi dirigenti più credibili e con minori problemi di visibilità ed egoismo. In questa fase è necessario capire che o cambiamo tutti, o sarà durissima per tutti. Io penso che il nostro sistema politico sia veramente a due passi dalla crisi, ma di quelle violente. Se negli anni ’90 la crisi è stata marcatamente economica, oggi la vera crisi è di sistema. Ciò detto, credo che il PD debba anche adoperarsi per riformare il parlamento, tagliare drasticamente il numero dei deputati e creare un Senato federale che sia l’espressione sana delle singole regioni con le loro realtà territoriali. E’ necessario senz’altro fare una nuova legge elettorale perché non è possibile che una coalizione che vince le elezioni, con qualunque scarto, possa essere messa continuamente in difficoltà tali da impedirle di governare il Paese. Va cambiato anche il sistema con cui si scelgono i candidati, vale a dire utilizzare lo strumento delle primarie per scegliere una persona ed un progetto, piuttosto che dare una delega in bianco ad un qualunque partito. Allo stesso tempo sarà necessario conferire al capo del Governo maggiori poteri e maggiori possibilità di fare una politica più decisionista.

S: Da varie parti si sono avanzati dubbi sulla legittimità del fatto che i parlamentari eletti nelle file di DS e Margherita di fatto cambieranno partito. Cosa rispondi a tali obiezioni?

Sì, ho letto anche su “Lo Spekkietto” di questa diatriba. Da un punto di vista costituzionale è un’operazione perfettamente legittima in quanto la nostra è una Repubblica parlamentare, in cui i cittadini votano un parlamento che elegge un governo. Nel corso degli anni, sulla spinta di un cambiamento della società italiana e dei referendum degli anni ’90, anche il parlamento ha dovuto fare i conti con i mutamenti della realtà nazionale. Il parlamento non è cambiato in questi anni tanto quanto è cambiato il costume, per cui certi problemi di meccanismo nascono da una discrepanza tra un impianto tutto novecentesco di democrazia parlamentare di tipo pentapartitico, quando invece oggi la società italiana è di fatto bipolare. La gente tende a pensare “voto Prodi” o “voto Berlusconi”, ma in realtà il nostro parlamento non è ancora strutturato in questo modo. Teoricamente, se cadesse Prodi e all’interno del parlamento si verificasse che c’è comunque una qualsiasi maggioranza, questa potrebbe formare un governo senza passare per le urne. Diverso è il discorso morale, se così vogliamo definirlo. Ognuno la può pensare come vuole. Personalmente, in questa fase io dico “o Prodi o elezioni anticipate”, ma è un mio pensiero e su questo argomento ognuno può avere una propria idea.

S: Oggi il ragionamento politico nazionale non può prescindere da quella che è la dimensione continentale. DS e Margherita, in Europa, appartengono a formazioni politiche diverse. Come pensate di collocarvi nel parlamento europeo?

E’ vero, ed è questo uno dei punti più spinosi da affrontare oltre che uno degli argomenti principali degli attacchi degli avversari. A livello europeo i DS si trovano all’interno del Partito Socialista Europeo (PSE), mentre la Margherita appartiene all’Alleanza dei Liberali e Democratici d’Europa (ALDE). Anche in questo caso il discorso è simile a quelli fatti in precedenza: questi partiti europei sono l’espressione di esigenze tipiche di un passato che ha poco a che fare con il panorama attuale. Il mondo è cambiato e se si vuole stare al passo, è necessario costruire anche in Europa un nuovo partito, democratico e riformista, in cui far confluire il nuovo PD. Questa spinta è già presente, in Italia, in Francia, in Belgio e Lussemburgo, di fatto PSE e ALDE votano insieme il 90% delle risoluzioni del Parlamento europeo e mi sembra che la strada sia tracciata. Se ciò non avverrà bisognerà immaginare altre soluzioni.

S: Curiosità: avete un’idea di quale sia la percentuale di consensi che il Partito Democratico potrà ottenere?

Uhm, pronostico difficile. Credo che il PD possa e debba aspirare a diventare il primo partito in Italia, ma è difficile dare dei numeri. Ci sono sondaggi che parlano di 25-28 %, ma penso che sia assurdo ipotizzare alcunché perché prima bisognerà vedere cosa riuscirà a fare di innovativo questo partito nuovo. Comunque l’esperienza dell’Ulivo ha dimostrato la grande capacità di questo movimento nell’ottenere risultati che superavano la somma dei consensi di DS e Margherita. Io penso che il PD debba spingersi oltre l’Ulivo, che forse aveva come limite quello di essere percepito come un’alleanza e non come un’unica aggregazione. Il vero tema sarà capire quanto questo partito riuscirà a entusiasmare e coinvolgere i cittadini che fino ad oggi non si sono riconosciuti non solo nel centrosinistra, ma anche in un sistema che, come dicevamo in precedenza, è arrivato al capolinea.

S: Ora si deve ripartire, l’appuntamento è per il prossimo 14 ottobre.

A cura di Lorenzo Righini



COME SI VOTA

Si vota domenica 14 ottobre 2007 Presso i vecchi magazzini. I seggi saranno aperti dalle ore 7,00 alle ore 20,00

Possono votare alle elezioni primarie 2007 del Partito democratico:
* Tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto 16 anni alla data del 14 ottobre. I minori di 18 anni, votano nel seggio dei/l genitori/e con cui abitano.
* I non residenti (incluso studenti, lavoratori fuori sede, altro): possono votare se si sono registrati entro il 12 Ottobre al numero 3337847914
* Gli stranieri, con regolare permesso di soggiorno: possono votare nel seggio che comprende la via di residenza indicata nel documento di soggiorno. Per info 3337847914
Per essere ammessi al voto occorre un documento di identità e sottoscrivere un versamento di almeno 1 Euro

All’elettore saranno consegnate 2 schede: una azzurra per il segretario e l’assemblea costituente nazionale, l’atra grigia per il segretario e l’assemblea costituente regionale.

L’elettore può esprimere un unico voto per ogni scheda, tracciando una sola croce sulla colonna dei candidati che intende sostenere. Non sono valide le schede che presentino segni di votazione in più di una colonna.

Oltre a Massimo Isola, altri due casolani sono candidati a queste primarie, entrambi a sostegno di Veltroni: Giorgio Sagrini per l’assemblea regionale e Stefania Monducci per l’assemblea nazionale.

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