Conosciamo meglio Martino Savorani, autore di Borgo Rivola, da poco tornato in libreria con “I demoni delle campagne”.

Quando e dove sei nato?

Sono nato 31 anni fa a Castel San Pietro, ma ho sempre vissuto a Borgo Rivola, tranne il periodo universitario.

Quali studi hai fatto?

La mia avventura scolastica è abbastanza singolare: al titolo di perito agrario ho aggiunto una laurea in Scienze della comunicazione e un master in editoria. È proprio durante l'anno del master che ho scritto il primo dei tre racconti de “I demoni delle campagne”.

Quando ti sei avvicinato alla scrittura?

Alla fine delle superiori, con un paio di racconti che conservo ancora da qualche parte. Il primo tentativo serio l'ho fatto nel secondo anno di università scrivendo “Un soldato” per un concorso letterario. Il racconto è finito nel mio primo libro (“Da un paese lontano”) e, dai commenti dei lettori, è stato uno dei più apprezzati.

Se ti trovassi nella condizione di dover fare un nome di un autore a cui sei molto legato ed il titolo di un romanzo a cui non potresti rinunciare quale nome e quale titolo sceglieresti?

La mia crociata personale la combatto per “Il cavallo rosso” di Eugenio Corti, un libro che andrebbe studiato a scuola, invece in Italia è snobbato (pensate che alla morte di Corti, nel 2014, “Le Figaro” lo ha definito “uno degli immensi scrittori contemporanei, uno dei più grandi, forse il più grande”). Tornando in tema horror, consiglio di rispolverare “Le notti di Salem” di Stephen King: un romanzo vampiresco che sfiora – senza raggiungerlo, perché è irraggiungibile – le vette toccate dal “Dracula” di Bram Stoker.

 

Il tuo primo libro è uscito nel 2007, poi una lunghissima pausa. Da che cosa è nata questa interruzione.

È vero, sono passati tanti anni, quasi otto da quel luglio 2007 in cui è uscito “Da un paese lontano”. Da allora ho pubblicato un paio di racconti su riviste non famose, ma di qualità, come la faentina “Tratti” e la milanese “Il segnale”, e ho continuato a scrivere quello che volevo, senza progettare nulla. Ci sono scrittori che per contratto devono sfornare uno o più libri all'anno, altri che si concentrano su un progetto e hanno la costanza di lavorarci e portarlo a termine in breve tempo; io sono un altro tipo di scrittore: lo faccio esclusivamente per passione, quindi scrivo quel che voglio quando ne sento l'esigenza. In sostanza, l'interruzione a livello di scrittura non c'è mai stata: oltre a questi tre racconti lunghi, ho prodotto una ventina di racconti non abbastanza omogenei per farne una raccolta.

Per quanto riguarda “I demoni delle campagne”, il progetto di una trilogia horror è nato alla fine del 2008, quando ho terminato la prima stesura di due racconti. Poi però l'ispirazione per il terzo racconto, ma anche la voglia e la capacità di andare fino in fondo a un'avventura come quella del racconto lungo, sono arrivate solo nell'autunno del 2013. Una volta collocato il terzo tassello, mi sono messo alla ricerca di una casa editrice.

Per questo tuo nuovo libro, costituito da tre racconti, ti sei dedicato all’horror, un genere che sembra non conoscere mai una vera crisi. Hai una passione particolare per il genere? Quando è nata?

Beh, che l'horror non conosca crisi è vero sì e no. A livello produttivo non ci si può lamentare: libri, film e fumetti horror abbondano. Ma l'editoria è tutta in crisi, horror compreso. La cinematografia horror invece vive un momento di sbando: non ci sono più veri e propri maestri, solo qualche buon apprendista. Lo dimostra il successo delle serie tv: horror mainstream fatti con tanti soldi e zero novità. L'horror, quello vero, dava scandalo: le serie tv le possono vedere anche i ragazzini.

Venendo alla mia passione per l'horror, tutto è nato quando avevo 13, 14 anni con i film di Dario Argento e le commedie horror americane. Poi ho scoperto Stephen King e i grandi classici di Stoker, Shelley, Poe, Sheridan Le Fanu... Ma più che di letteratura, posso dire di essere un esperto di cinema horror. Forse, è l'unico genere di cui me ne intendo veramente.

L’horror vanta una gloriosa tradizione, letteraria, e non solo, ma ha spaziato anche nel cinema, nelle serie televisive, nel fumetto. Pensi che ci si possa addentrare dentro questo mondo con uno sguardo nuovo?

Dagli anni '80 si è sperimentato tanto, tantissimo. Trovare uno sguardo nuovo è quasi impossibile: chi lo troverà verrà ricordato come uno dei maestri del genere. Invece trovare uno sguardo autentico, questo sì che è possibile; anzi, è necessario. Lo “sguardo autentico” è proprio dello scrittore che ha metabolizzato tonnellate di horror non con l'accettazione prona del fan, ma con grande spirito critico. Solo allora è possibile trovare la propria strada, il proprio sguardo.

Chiudiamo con una domanda tanto banale quanto doverosa. Oggi escono in libreria centinaia di titoli, un mare indistinto di romanzi, alcuni di valore, molta spazzatura, pochi capolavori destinati a durare nel tempo. Il lettore, escludendo gli input che gli provengono da tutte le trovate di marketing, da tutta la pubblicità tradizionale, da tutta la promozione online, da tutte le recensioni, spesso si trova disorientato di fronte a questa immensa libertà di poter scegliere un romanzo. Perché allora i lettori dovrebbero leggere i tuoi racconti?

Perché “I demoni delle campagne” non è un progetto creato a tavolino: sono tre storie nate spontaneamente dalla mia grande passione per l'horror e la scrittura; rappresentano il mio modo di intendere il Bene e il Male, ma anche una certa tradizione letteraria che potrei definire “letteratura da caminetto”. La letteratura da caminetto ha una sola regola: le storie vanno raccontate, altrimenti muoiono. Queste tre le ho scritte per voi, per divertirvi, emozionarvi e – perché no? – spaventarvi un pochino. Insomma, ho fatto la mia parte: ora tocca a voi.

 

Riccardo Albonetti

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