Tra pochi giorni, sabato 10 maggio, saranno inaugurati i lunghi lavori di sistemazione ed allestimento della Grotta del Re Tiberio a Borgo Rivola. Un luogo che dopo molti anni tornerà quindi ad essere uno spazio accessibile, parte importante del patrimonio e della storia della valle del Senio. L'importanza della grotta del Re Tiberio, nella sua vita plurisecolare si è affermata principalmente in relazione alle ricerche che vi sono stati svolti agli albori delle scienze geologiche e dell'archeologia stratigrafica, facendo del luogo un caso di studio nazionale. Ben diversa è stata al contrario la sorte della narrazione che identifica la grotta stessa. Quella storia resistente e mutevole che da sempra ha identificato il luogo come la residenza del Re Tiberio, fuggito da Roma alla ricerca di un luogo sicuro dove poter scappare ai fulmini. Testimoniata per iscritto già negli anni a cavallo tra il '700 e '800, la storia ha da sempre incuriosito gli eruditi e gli aspiranti ricercatori, intenti a decostruirla a cercarne giustificazioni che potessero giustificare l'apparente assurdità di un Re che abita in una grotta. In questo clima d'incredulità, alla ricerca di qualcosa che spiegasse la presenza di quel toponimo, di quel nome Tiberio legato ad una grotta, sono state formulate molteplici ipotesi, tutte capaci d'allontanare la vecchia leggenda dall'antico imperatore Romano, fino all'idea che anche la stessa parola 'Re' altro non sia che la corruzione del termine dialettale per indicare 'Rio'. Inseguendo queste interpretazioni, negli anni il fantastico regno di Tiberio è diventato quindi il luogo di un equivoco, dove la narrazione era solo una favola assurda, una piccola storia narrata in un piccolo paese.

Eppure forse le cose non sono proprio cosi lineari e forse l'antica favola di Tiberio e della sua fuga dai fulmini, non è propriamente una piccola storia. La grotta di Borgo Rivola non è infatti l'unico luogo in Italia dedicato a Tiberio. Proprio partendo dai nostri gessi è facile trovare già a Tossignano un altra piccola grotta dedicata all'imperatore, e continuando nella valle del Santerno anche a Firenzuola lo scrittore Tito Casini registra all'inizio del secolo scorso un omonimo luogo anch'esso provvisto di una leggenda simile. Ma se per questi due casi si potrebbe pensare ad una facile e recende diffusione della storia, le cose si complicano quando troviamo gole e orridi dedicati a Tiberio tanto in Sicilia quanto in Lombardia.

 

La figura dell’imperatore Tiberio Giulio Cesare Augusto, (42 a.C. 37 d.C.) appare essere infatti un topos letterario particolare, in grado di incarnarsi nello spazio e nel paesaggio, al pari di altri personaggi come Pilato, Orlando, la Sibilla ecc. Contrariamente ai tentativi di spiegare la presenza di un tale toponimo come degenerazione da altri significati, per esempio l’appellativo Re come degenerazione dialettale della parola rio, l’esistenza di una grotta di Tiberio non appare infatti un qualcosa d’isolato e inspiegabile. La figura di Tiberio compare nella storiografia antica attraverso numerosi autori, ma è grazie alle opere di Tacito e di Svetonio, che ne emerge una figura particolare e dai tratti malefici. I due autori costruiscono sul personaggio un aura negativa, quasi diabolica. Gli creano l’immagine di amante degli indovini, personaggio maledetto, che fugge da Roma alla ricerca di spazi d’alterità, per paura delle vendette legate al suo essere sanguinario. Narrato come colui che ha messo fine al secolo d’oro di Saturno per trascinare l’umanità nell’età del ferro, ci viene raccontato dagli stessi come sempre in cerca di spazi solitari dove potersi dedicare ai vizi. I due autori ne descrivono anche l’aspetto esteriore ripugnante come effetto delle sue azioni e della sua libidine sfrenata: « C'era anche chi credeva che nella vecchiezza del corpo [Tiberio] si vergognasse del suo aspetto: era infatti di alta statura, curvo ed esilissimo, calvo; il suo volto, ricoperto di pustole, era il più delle volte cosparso di medicamenti. » (Tacito, Annales, IV, 57.) Descritto come crudele e dedito ai vizi, appare allo stesso tempo anche nella storiografia cristiana, citato come riferimento storico nel vangelo ma anche in associazione con Pilato nella Leggenda Aurea. Ma la creazione e la nascita di una specifica grotta di Tiberio, come topos letterario in grado di inscriversi nel territorio reale, è da ricercare sempre in un passo degli Annali di Tacito, dove nel libro IV capo 59, durante il viaggio verso il suo ritiro presso Capri, si narra di un episodio in cui l’imperatore rischiò la vita proprio durante una sosta presso una sua villa denominata Spelonca fra il mare ed i monti di Fondi. Tacito descrive infatti come mentre l’imperatore sostasse dentro una grotta naturale allestita con servi e banchetti, si trova a rischiare la vita a seguito del crollo di alcuni massi. L'episodio narrato dagli storici e la grande grotta aperta sul mare e allestita come un sontuoso palazzo, appare quindi forse origine tanto del nome della cittadina Sperlonga, quanto del mito della grotta di Tiberio come luogo dove lo strano imperatore decide di ritirarsi con la sua paura dei fulmine e la sua fede negli indovini e nel fato che non può essere cambiato. Ma non è solo l’aspetto della grotta ad essere ben presente nei classici, anche l’elemento del fulmine, vero centro della leggenda, appare un nodo ben presente nelle narrazioni legate al mondo romano. Proprio sulla paura dei fulmini si dilunga Svetonio nella Vita dei Cesari, dove abbonda di particolari su imperatori sfuggiti alla saetta, o terrorizzati dai tuoni, mentre nel caso specifico di Tiberio, ci narra come l’imperatore: "Quanto a cose di religione era molto incurante, dedito qual' era all'astrologia e convinto che tutto fosse mosso dal fato. Aveva però un'eccessiva paura dei tuoni e, quando il cielo era scuro, non rinunciò mai a portare la corona d'alloro, poiché si dice che questa pianta non sia mai colpita dalla folgore." (Tiberii Vita dei Cesari LXIX).

Piuttosto che ad una favola assurda di creazione popolare, la bella storia Tiberio che fugge a giungere nella tana di Borgo Rivola, appare quindi una rielaborazione creativa di frammenti della storiografia classica, forse frutto della riscoperta rinascimentale degli autori latini. Forse non sapremo mai quando sia nata a Borgo Rivola la leggenda sulla grotta di Tiberio, e chi per primo l'abbia raccontata, ma chi l'ha fatto probabilmente sapeva cosa stava raccontando e di come magicamente con una piccola storia sia stato in grado di legare una tana ed il suo paese alla grande Storia.

 

Andrea Benassi

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