Non so voi, ma io me lo ricordo bene quando Casola veniva chiamata 'la Seattle di Romagna'. Oddio, forse voi non lo ricordate perché non era una definizione che si potesse leggere su Musica o che si potesse ascoltare dalle vocette isteriche dei VJ di MTV, però era la definizione orgogliosa che davamo al nostro paese noi che eravamo coinvolti fino al midollo nel movimento musicale giovanile casolano. Era la metà degli anni '90 e in paese chiunque avesse fra i 15 e i 30 anni finiva, prima o poi, per prendere in mano una chitarra o un paio di bacchette. I gruppi musicali non si contavano e basta riascoltarne i nomi per far partire la colonna sonora di quegli anni: Eh?, Lesty Band, The Mirrors, No Limits, Backlash, Lupus infabula, Aldamera, Diavoli diRomagna, Skizzout e scusate se qualcuno me lo dimentico.
Ogni pomeriggio, se si passava davanti alla stazione delle corriere, dove si trovava quella che avevamo ribattezzato la 'Lega del suono buono', si potevano ascoltare le note distorte di una chitarra elettrica o il martellante cassa-rullante-charleston di una batteria. E se si apriva la porta della Lega, insieme alle note scappava fuori di tutto, fumo, puzzo di sudore, aria a 45 gradi, gatti di polvere che inseguivano topi infastiditi da quel bestiale casino.
Era dieci anni fa, anche più, e per chi di anni ne ha trenta un decennio ha lo stesso valore dell'intera vita di Matusalemme. Allora ci vestivamo con larghe camicie felpate a scacchi colorati, modello boscaiolo canadese, indossate sopra magliette a collo alto o con tre bottoni alla Terence Hill in Trinità. Quello era il nostro modo di ribellarci ai modaioli e griffatissimi anni '80 e un personaggio ci aveva insegnato quella strada. Era un biondino che veniva appunto da Seattle, che al tempo era la culla delle grandi novità musicali, e che di mestiere faceva il leader dei Nirvana, il gruppo più importante di quegli anni.
Kurt Cobain si è ucciso dieci anni fa sparandosi un colpo di fucile in bocca.
Sulle T-shirt delle bancarelle Bob Marley non fu più l'unico ad essere rappresentato con una canna stretta fra le labbra.
Oggi Casola non è più la Seattle di Romagna, e negli ultimi anni i concerti di gruppi rock casolani si possono contare sulla punta delle dita. Ieri sera però, sabato 24 maggio, al Pub Up & Down, si è riaccesa una scintilla dello spirito musicale quegli anni. E molto significativo è il fatto che la scintilla sia stata innescata ancora una volta da lui, da Kurt. Un gruppo si è formato proprio nell'occasione del decennale della sua morte per tributargli un affettuoso ricordo. The Radjan's burning down è il nome del neonato gruppo, questa la line up ufficiale: Manuel Andreotti alla voce, Alessandro Gucciardo alla chitarra, fisarmonica e voce, Alessandro Ronconi (lui viene 'da via', da Marradi) alla chitarra, Francesco Rivola alla chitarra (ieri assente per motivi di lavoro), Riccardo Albonetti al basso (sua l'idea che ha dato vita al gruppo) e Tiziano Righini alla batteria (come vedete alcuni dei protagonisti di dieci anni fa sono ancora sul palco e quanto ci fa piacere!). I Radjan hanno riproposto nella sua interezza il concerto unplugged registrato per MTV dai Nirvana poco prima della morte di Kurt, un concerto assolutamente magico, una di quelle serate da incorniciare e da continuare a rivivere periodicamente ascoltandone il CD.
Il compito non era facile anche perché i Radjan hanno iniziato le prove appena 2-3 mesi fa, c'era quindi il rischio di dovere dire cose del tipo: 'Considerando che hanno provato poco sono stati bravi'. Invece no, i Radjan sono stati bravi, molto bravi in senso assoluto, senza nessuna limitazione. Hanno ripercorso le canzoni di quel concerto con sicurezza, puntualità e abilità tecnica, dal punto di vista strumentale e vocale. E non solo perché ognuno di loro ha svolto bene il proprio compito, ma perché hanno suonato bene insieme, come gruppo, con affiatamento, che è la cosa che spesso è più difficile da raggiungere anche dopo decine di prove. Personalmente per esempio mi ha stupito la capacità di rendere le sonorità giuste, e soprattutto di rispettare quelle differenze di intensità, quelle alternanze di forte e piano che sono uno degli ingredienti più affascinanti e fondamentali di ogni concerto e in particolare di un unplugged. Ma non basta analizzare le questioni tecniche. Il concerto dei Nirvana vive di un'atmosfera tutta particolare, di grande calore e rilassatezza, e anche in questo mi sembra che i Radjan abbiano rispettato il modello. Fondamentale in questo senso l'idea di riproporre una scenografia che rimandava all'originale, con i musicisti tranquillamente seduti ad altezza pubblico, i fiori davanti a loro, le lampade rosse a creare la giusta luce. E le chiacchiere sul palco, la canzone che parte quando meno te lo aspetti, il volume giusto per un piccolo ambiente in cui la gente viene per rilassarsi e vedere gli amici persi di vista durante la settimana. A questo punto è stata naturale la risposta del pubblico, che non ha tardato a farsi coinvolgere da quella musica indimenticabile e dalla sensazione di divertimento che veniva dal palco.
Ieri sera ho pensato quanto mi mancava una serata come questa, una tranquilla serata con alcuni amici che suonano e altri amici che li ascoltano, e l'idea che la prossima volta le parti potrebbero invertirsi. Una volta a Casola serate come questa erano la normalità e ogni occasione e luogo erano buoni per metterle in piedi. Oggi sono merce rarissima. Ma se i Radjan sono nati in un'occasione come quella del decennale non è detto che non debbano continuare oltre. E non è detto che qualche ragazzo che ieri sera era al pub non decida di seguire il loro esempio, come successe dieci anni fa.
Prima di finire mi permetto solo due appunti al gruppo. Uno: ci vorrebbe un po' più di sicurezza nella pausa fra un pezzo e l'altro, gli annunci delle canzoni devono trasmettere al pubblico la voglia di suonare e la tranquillità dei musicisti. Due: ragazzi, sul palco fumate un po' meno, se no fra incenso, lampadine colorate e paglie prima o poi mandate a fuoco il locale!

Michele Righini
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