Borgo Rivola, per noi studenti casolani, fino a pochi anni era solo l’equivalente di una fermata delle corriere nel tragitto verso Faenza, poche case abitate da pochi abitanti o al massimo poteva essere sinonimo di Cesarino, il mitico bar immortalato da una canzone dei Diavoli di Romagna (“stop stop da Cesarino” recitava il coro).
Oggi Cesarino è andato in pensione, ha lasciato il posto ad un bar più moderno, ma da fuori Rivola sembra non essere cambiata più di tanto, sono aumentate le case, quindi probabilmente anche gli abitanti, ma rimane in un certo senso una fermata della corriera diretta verso Faenza.

Rivola però da qualche anno ha deciso di darsi un’identità più precisa, grazie ad una Pro-loco che ha dato il via ad una serie di sagre che richiamano persone dalle vallate limitrofe. In questo caso i vecchi hanno funzionato da traino ed i giovani gli sono andati a ruota, prima mettendo in piedi una stanza che fungesse da punto di ritrovo per i ragazzi stessi (ne abbiamo parlato qualche anno fa sulle pagine di questo giornale) e poi una bella sala prove per gruppi, facendo di Rivola un piccolo punto di riferimento per i rockers del circondario. E così è nata con uno schiocchio di dita anche la festa della birra. Quest’anno si è intitolata RIVOLution Fest, un nome che rievoca un sacco di cose e non so se è una coincidenza, ma la Rivoluzione coincide con i quarant’anni del Sessantotto, emblema di tutti i sogni di una generazione votata al cambiamento del mondo.
Bastava vedere il manifesto della Festa e si percepiva la voglia di fare un bel passo in avanti: birra condita da tutti quegli elementi che non sempre accompagnano spillatori e boccali da 1 litro. La festa della birra spesso evoca scurrilità e poca raffinatezza, gli stessi volantini più facilmente ritraggono pance gonfie di birra, culi, tette, moto e tutti i clichè del caso.
I nostri di Rivola invece avevano puntato molto di più sulla graphic art, sulle linee pulite, sulla contemporaneità e sull’inglese, dando il segnale di volersi distinguere, tanto che il sottotitolo recitava “musica, arte, cultura nel borgo”, un segnale forte a chi leggeva il programma.
L’organizzazione infatti dava la possibilità di esporre a chi lo desiderasse, non c’era nessun filo conduttore, la libertà era totale, uno spazio vuoto da riempire. In questo melting pot si sono viste anche cose carine, disegni o quadri sui quali posare il proprio sguardo un tempo superiore ad un’occhiata e poi i creatori erano lì, disposti a scambiare quattro chiacchere, pronti a metterci la faccia.
Esisteva anche uno spazio dedicato ai libri, le parole scritte che cercavano di mescolarsi alle parole urlate dentro le orecchie. La dimostrazione che basta un poco di coraggio per non rimanere fossilizzati ai vecchi standard secondo cui la separazione tra le varie forme di espressione deve essere netta e decisa.
Infine la musica: personalmente è stata la parte più piacevole del tutto, non perchè fosse organizzata meglio ma perchè mi ha aperto gli occhi su un panorama che avevo perso di vista. Un sacco di musica buona, di ragazzi giovani che provano ad esprimersi con originalità (e a volte ci riescono), ma soprattutto la sorpresa nello scoprire che quasi tutti i gruppi provengono dalla zona: Faenza, Solarolo, Castel Bolognese, al massimo Bologna.
Tutto questo è un ritratto abbastanza fedele della generazione di Myspace che incide le proprie canzoni e le mette su internet, pronte per essere ascoltate da tutti oppure che espone virtualmente le proprie creazioni, in definitiva che riempie il proprio space con la propria creatività È la generazione che si crea una montagna di amici con i quali scambiare opinioni, complimenti, scuse, con i quali interagisce e crea una rete che può essere solida anche nella realtà.
È una specie di nuova frontiera, la libertà assoluta che prende strade inconsuete e canali innovativi, un modo diverso di approcciarsi alle canzoni di un gruppo, alle parole, alle idee altrui. Invito quindi a cercare le pagine di Myspace di chi tutti coloro che erano in cartellone al Rivolution Fest 2008. (in questo momento sto ascoltando le nuove canzoni degli Strawberry Fields)
In definitiva che dire di questa tre giorni al Rivolution? Una festa riuscitissima, con un sacco di gente, musica nuova ed un generale senso di allegria, belle situazioni, una buona cartina di tornasole del fermento che c’è in giro, la sensazione che si possono fare ancora delle belle cose, che non tutto è piatto e uniforme, la certezza che i giovani quando vogliono fanno le loro rivoluzioni, anche piccole, come quella di trasformare Borgo Rivola da una semplice fermata della corriera che va a Faenza, ad un paesotto minuscolo che per tre giorni diventa una snodo della Romagna sud-occidentale.

Riccardo Albonetti
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