La coltivazione e l’utilizzo della lavanda ha origini molto lontane, che ci riportano fino agli antichi Romani. La derivazione etimologica del nome stesso non lascia alcun dubbio, e ricorda appunto l’uso che i Romani facevano di questa pianta: la usavano per profumare l'acqua dei bagni e come detergente.
La Lavandula officinalis, la vera lavanda, ormai diventato il simbolo della nostra tradizione popolare-locale, è un piccolo arbusto sempreverde e rustico, a portamento eretto, che a maturità può essere alto oltre un metro. I fusti della lavanda sono, dal secondo anno in poi, elegantemente contorti e legnosi. Le foglie sono opposte, lineari, ricoperte da una fine peluria che assume sfumature argentee sulle foglie vecchie, quasi bianche su quelle giovani, anch'esse sono deliziosamente profumate, più o meno intensamente a seconda delle varietà. I fiori sono di colore violetto, raggruppati in spighe. E’ dai fiori, attraverso la distillazione, che si ricava l’olio essenziale, molto profumato poiché contenente numerosi esteri (tipi di molecole organiche). L’olio essenziale di lavanda ha moltissime proprietà, può essere utilizzato come analgesico, calmante e antinfiammatorio. Come analgesico può essere utilizzato ad esempio in caso di dolore articolare. Se ne utilizzano 15-20 gocce in 30-50ml di olio di sesamo e, con questa miscela, si massaggia la parte interessate per 10-15 minuti. La lavanda è una pianta che cresce bene nelle zone collinari, in terreni scoscesi dove l’acqua piovana può compiere un naturale drenaggio. La raccolta è in relazione alla varietà coltivata, all'esposizione e all'altitudine. E' importante tuttavia raccogliere i fiori quando non sono ancora completamente schiusi, nelle ore centrali di giornate asciutte. L’inizio dell’estate presenta tutte queste caratteristiche. Non solo la lavanda ma molte altre labiate e graminacee giungono quasi a maturazione alle porte dell’estate. Infatti il 21 giugno il sole entra nel solstizio, raggiungendo nel cielo il punto più alto dell’anno e tutta la terra, le piante, e le erbe, si impregnano delle sue vibrazioni luminose e salutari. Presso gli antichi Romani che veneravano Cerere dea delle messi, proprio in questi giorni cadeva la festa di Fors Fortuna, la dea bendata del caso. Nella liturgia Cristiana il 24 giugno si ricorda San Giovanni Battista e la tradizione vuole che esista una connessione fra il sole che prende a calare e il Santo “Giovanni che piange”. In agricoltura le messi stanno per giungere a maturazione e le opere rurali sono ormai avanzate. L’operazione della mietitura del grano, momento di forte socializzazione con feste rituali di ringraziamento, è fondamentale per la vita della comunità, che addirittura identifica nell'ultima spiga raccolta una forza attiva da conservare per mescolare con le semenza autunnali a garanzia di un futuro raccolto propizio. La festa di San Giovanni assume perciò un duplice significato: propiziatorio e purificatore. La comunità rurale và in processione elevando parole di preghiera al Santo. Grandi falò, simbolo della potenza del sole, si appiccano nei poderi per tener lontani spiriti maligni, streghe e animali nocivi. I contadini discorrendo e cantando, trascorrono la notte in attesa di essere bagnati dalla rugiada del Santo che li purificherà da ogni bruttura e impurità. Le erbe colte all’alba del 24 giugno raddoppiano le loro proprietà, purché per reciderle non si utilizzino oggetti metallici. Con il magico mazzolino di 9 specie diverse, composto di artemisia, salvia, iperico, basilico, lavanda, felce, rosmarino, menta e prezzemolo, si può fare molto contro le energie negative. Le tradizioni popolari che si sono susseguite nei secoli hanno portato all’ideazioni di alcuni rimedi, chiamate ricette di San Giovanni, dove venivano utilizzate diverse erbe aromatiche per sconfiggere alcuni mali che affliggevano l’uomo. Ne è un esempio la Tisana contro la Tosse di San Giovanni, ottenuta attraverso l’utilizzo della lavanda: bisogna fare un infuso con acqua bollente e fiori di lavanda (anche essiccati), filtrare il tutto e consumarne da una a tre tazze al giorno, aggiungendovi una piccola scorza di limone e un cucchiaio di miele per dolcificare.

Roberta Faziani
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