Continuando nell’intento di descrivere, raccontare e conoscere i protagonisti che danno il nome alle vie di Casola che noi tutti abitiamo, questo articolo è dedicato a Don Lorenzo Milani.
Lorenzo Milani nacque a Firenze il 27 maggio 1923. Appartenente ad una famiglia dell’alta borghesia intellettuale fiorentina, Lorenzo si è sempre ritenuto un “privilegiato”.
Nipote di un noto archeologo e figlio di un professore universitario, visse a Firenze con la famiglia fino al 1930, quando a seguito di un periodo economico difficile, il padre fu obbligato a trovare lavoro a Milano trasferendo con sé tutta la famiglia.

Nel 1933, i genitori di Lorenzo, pressoché agnostici verso le religioni, si sposarono in chiesa e battezzarono i loro figli, per paura delle leggi razziali, in quanto la madre era di origine ebrea.

Acquisita la maturità per interruzione del servizio scolastico, a causa della guerra nel 1941, dopo un trascorso non proprio di studente modello, Lorenzo si appassiona alla pittura. Torna per un anno a Firenze per frequentare il pittore Staude, e successivamente frequenta dal 1942 l’Accademia delle Belle Arti di Brera.

Si ritiene che fu grazie alla sua passione per la pittura che ebbe il primo vero contatto con il Cristianesimo, quando nell’estate del 1942, a Gigliola, in toscana, durante una vacanza decise di affrescare una cappella, e durante i lavori trovò un vecchio messale che lo invogliò, al suo successivo rientro a Milano, ad interessarsi di liturgia. Questo primo contatto, insieme ad alcuni eventi quotidiani che gli permisero di riflettere e di avvicinarsi alle condizioni e alle problematiche dei poveri, lo portarono all’età di vent’anni, nel 1943, alla conversione, chiedendo lui stesso di essere cresimato.

Il successivo incontro con Don Bensi, sempre nel 1943, catalizzò la conversione di Lorenzo fino a portarlo in seminario.
Durante il periodo del seminario avvenne in Lorenzo una completa trasformazione da signorotto borghese a umile, critico ed obiettiva persona con il desiderio di spogliarsi di ogni suo privilegio.
Arrivò al sacerdozio nel 1947, e successivamente, gli fu dato l’incarico di cappellano a San Donato di Calenzano, ad assistere il parroco, ormai anziano, don Daniele Pugi. A causa della sua estrema obiettività e dei contrasti a tratti anche molto aspri con l’autorità della Chiesa, fu “esiliato” e “confinato”, e alla morte di Don Pugi, fu trasferito a Barbiana, un piccolo paese di alta collina nel Mugello.
A San Donato iniziò ad occuparsi dei poveri fondando la scuola popolare (serale, per i figli dei contadini e dei lavoratori). Inizia a scrivere “Esperienze Pastorali”, un libro criticato dalla Chiesa che, attraverso il Sant’ Uffizio, ne vietò la ristampa. A Barbiana continua ad educare i poveri, sempre più convinto che solo la “parità culturale avrebbe dato dignità all'uomo, per natura artista e creativo”.

Tra le opere più importanti è doveroso citare, oltre alla già ricordata “Esperienze Pastorali”, anche “Lettera ad una Professoressa” (scritta collettivamente insieme ai suoi ragazzi studenti della scuola di Barbiana) e “L’obbedienza non è più una virtù”, la quale fu una risposta ai cappellani militari, che, nel 1965, nel corso di un’assemblea, definirono l’obiezione di coscienza una espressione di viltà.
Nell’opera Don Lorenzo Milani sostiene il diritto ad obiettare e a non obbedire acriticamente. In conseguenza alla sua pubblicazione, Don Milani fu processato per apologia di reato, e ritenuto non colpevole nel 1966, anche se in appello, l’anno successivo, il direttore della rivista che pubblicò la risposta ai cappellani, processato insieme al parroco verrà ritenuto colpevole e condannato, mentre Don Milani, morirà il 26 giugno 1967, tra un processo e l’altro a causa di un tumore.

Fu una figura molto controversa degli anni ‘60 e ‘70 italiani, criticato, frainteso e ostacolato dall’autorità ecclesiastica e dalla scuola, ma allo stesso modo apprezzato per la sua schiettezza, obiettività e per aver dedicato l’intera vita alle persone più bisognose.



Lorenzo Dardi
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