Il libro scritto dal giovane rivolese Martino Savorani – Da un paese lontano è il titolo, il Filo di Roma l’editore – è un libro composito e vario, nella forma come nel contenuto.
La forma: sette racconti molto brevi – qualche pagina appena a raccontare un frammento di storia – aprono il volumetto, che si conclude invece con due racconti di più ampio respiro, una trentina di pagine articolate in alcuni capitoletti.

Il contenuto: le storie raccontate hanno ambientazioni diverse tra loro – dagli Stati Uniti a Faenza a campagne vs. città non meglio identificate – così come a generi differenti possono essere ascritti i racconti di Savorani, che passa dal frammento realistico di vita quotidiana al fantastico, fino ad approdare nell’ultimo testo, La storia di Tom Cavallari, all’horror a rischio splatter, evitato però grazie a una decisamente più interessante escursione nei territori postmoderni della metaletteratura (la vita reale che, più immaginifica della letteratura stessa, si fa testo, scritto da mani sconosciute, nato anzi dalla forza evocativa degli oggetti quotidiani e concreti, in questo caso l’abitazione del protagonista, non contenitore ma vera e propria generatrice di storie fantastiche).
Del tutto diverso da La storia di Tom Cavallari è invece l’altro testo “lungo”, dal titolo più evocativo nelle intenzioni ma paradossalmente anche più banale, L’ultimo sole di settembre. Un giovane che si affaccia all’adolescenza grazie al rapporto con una coetanea, ai primi baci, alle prime prove di forza con i ragazzi più grandi. Il tutto sullo sfondo della campagna – in questo caso la nostra, ben riconoscibile campagna – colta nel momento della vendemmia, quando l’uva, anche lei, si trasforma, e diventa vino, simbolo di un mondo in cui ci si può ancora permettere di saltare la prima settimana di scuola per aiutare la famiglia nei campi. La vicinanza geografica non può non fare pensare a certe atmosfere tipiche dei libri di Cavina (ampiamente presente d'altra parte sul blog di Savorani, https://martinosavorani.splinder.com), negli ambienti come nei tempi raccontati – l’età dei protagonisti e gli anni in cui la storia si snoda. Ma c’è anche un altro riferimento che mi viene da fare e che mi incuriosirebbe sapere se Savorani aveva presente al momento della scrittura: la famosa tesina sul vino di Pier Vittorio Tondelli bocciata, ai tempi “eroici” del nascente DAMS, da Umberto Eco, perché poco tesina e troppo racconto. Stessa attenzione ai gesti della vendemmia, ai significati di questo momento per la vita naturale ma non idillica di chi ancora lo vive come nei decenni passati. E stessa trasposizione simbolica dell’“evento” vendemmia sulla vita di giovani scissi fra questo stesso mondo naturale e un nuovo stile di vita, quello della grande città o quello della vita adulta.
Savorani, chiaro, non è Tondelli, e non è neanche Cavina. Il suo libro, i suoi racconti, hanno però spunti interessanti come, ripeto, il gioco fantastico-metaletterario delle peripezie di Tom Cavallari, il tentativo di rimanere in bilico fra i generi, sfruttandone le convenzioni, esplorando anche i sentieri narrativi della moderna tradizione orale, quella rappresentata dalle truculente e affascinanti leggende metropolitane, favole dei nostri giorni. Meno convincenti i racconti brevi, genere fra l’altro fra i più diffusi per i primi tentativi di scrittura ma anche fra i più difficili da praticare (e per questo ottima palestra ma anche terreno rischioso e scivoloso al momento della pubblicazione).
Prima abbiamo detto che si tratta di un libro composito, cosa che ha in sé lati positivi come quello di rendere l’idea della sperimentazione, della ricerca di una propria strada. Ma la varietà a volte diventa perdita di coerenza, soprattutto all’interno di un testo preso singolarmente. Si avvertono così, in alcuni racconti, eventi irrelati col contesto in cui sono inseriti, quasi forzatamente inseriti in una storia che non riesce a inglobarli per renderli parte fondamentale del proprio sviluppo. Penso al racconto Giovanni Calabria, in cui la passione per la scrittura del protagonista, dopo il ruolo predominante della prime pagine, viene dimenticata del tutto alla fine. Ma anche in L’ultimo sole di settembre l’episodio della scazzottata col compagno di scuola rimane solo intuitivamente correlata al resto della storia, come episodio di maturazione e affermazione di sé, esaurendosi però con troppa velocità e poca aderenza sui significati ultimi del racconto.
Nella frammentazione e varietà del libro uno sembra il tema, se non dominante, maggiormente ricorrente, quello della morte. La morte di un soldato, quella di Samuel Polansky, quella della moglie di Giovanni Calabria, anche Tom Cavallari muore pur se in maniera del tutto virtuale e letteraria. Astraendo, poi, muore l’infanzia del protagonista dell’Ultimo sole (mentre Gigino, con una fuga dalla metropoli in stile Renzo manzoniano, salva la propria gioventù, non anagrafica quanto psicologica) e muoiono le illusioni appena rinate di Jack in Succo di pompelmo. Ma è proprio la morte fisica a farla da padrone, un’attenzione a che cosa succede nel momento del distacco fra anima e corpo percorre molte delle pagine di Savorani, fino a farsi vero e proprio spunto narrativo. Attenzione efficace, ben sorretta da una scrittura capace di analizzare, a volte anatomizzare, scavando nel dettaglio delle sensazioni, fisiche e psicologiche, mantenendo però semplicità ed efficacia narrativa.
Per concludere: il giudizio, come naturale che sia, è sospeso, in attesa di nuove prove di Martino che speriamo possano giungere presto. Sospeso perché, come detto più volte, difficile da ricondurre a una valutazione unitaria sul libro nella sua interezza. Ciò che di positivo maggiormente rimane, paradossalmente faccia alternativa della negativa mancanza di coerenza a volte riscontrata, è la sensazione di trovarsi di fronte a un forte desiderio di provare, tentare e sperimentare, che è poi il succo della giovinezza, l’infinita bellezza di avere di fronte a sé mille possibilità. Se non ci si smarrisce, da questo crocicchio possono partire bei viaggi.

Michele Righini
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