Giovanni Paolo II è morto da poche ore. Alle 21.37 di questa sera si è concluso il suo cammino terreno. Chi ha Fede sa che la morte è solo il passaggio a una nuova vita, alla contemplazione di Dio. Se questo può consolare, non possiamo certo dimenticare ciò che in questi ultimi giorni abbiamo visto sugli schermi delle nostre TV, la sofferenza di un uomo che fino all'ultimo momento ha compiuto ogni sforzo per essere presente, per non fare mancare la propria forza, il proprio carisma a coloro che lo hanno amato e accompagnato per gli oltre 26 anni del suo Pontificato.
Quelle immagini di sofferenza avevano forse offuscato il ricordo di un Papa forte, autoritario, coraggioso e allo stesso tempo divertente, capace di uscire dagli schemi rigidi del protocollo. Io, personalmente, mi sono sorpreso a vedere certe immagini del Papa che parlava a folle immense con una capacità di coinvolgimento incredibile. Sono contento di averle riviste, perché ora so che il ricordo che avrò di Giovanni Paolo II non sarà quello di un uomo sofferente ma di un uomo ricco di un carisma eccezionale. Ultimamente mi ero chiesto: 'Ma perché una persona malata e visibilmente affaticata da mille malanni deve per forza essere costretta ad andare in giro su una scomoda macchina, o deve affacciarsi alla finestra e sforzarsi di parlare, ma non può essere lasciato in pace?'. Davo per scontato dietro tutto ciò stesse solo il protocollo, le necessità di adempiere alle formalità. In questi giorni mi sono accorto che avevo sbagliato tutto, che era la volontà dell'uomo, la sua forza e il suo amore per i fedeli a spingerlo ad affrontare qualunque fatica pur di salutare anche solo per un momento tutti coloro che si recavano in Piazza San Pietro, o sotto le finestre del Gemelli.
Giovanni Paolo II è stato definito in mille modi, il Papa dei giovani, il Papa della riconciliazione con le altre religioni, il Papa della sofferenza. Di sicuro c'è che questa sera ci ha lasciato uno degli uomini che ha fatto la storia del '900, dal punto di vista politico ma anche da quello morale, di guida delle coscienze dell'umanità intera. Oggi ho sentito dire da uno dei mille giornalisti una cosa che credo sia molto giusta: per anni Giovanni Paolo II ci ha insegnato come vivere, ma negli ultimi tempi ci ha anche indicato come affrontare la morte. La sua dignità, la sua serenità nell'affrontare la malattia, il non nascondere la propria sofferenza, la capacità di ribaltarla con ironia, come quando col bastone su cui si appoggiava per camminare ritmava i canti dei giovani fedeli. Sono immagini che non dovremmo mai dimenticare.
Dopo la sua morte gli è stato tolto l'anello dal dito, uno dei simboli del potere papale. Da quel momento il suo Pontificato si è ufficialmente concluso. Ma ora che Giovanni Paolo II è tornato ad essere Karol Wojtyla, ci sembra ancora più grande.
Grazie e addio.

Michele Righini
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