20 maggio 2012, ore 4.02.
Il giorno stesso (domenica) mi sarei dovuto svegliare alle 7.00 per un appuntamento ciclistico con Sandro, mio cognato, per cui, per non rompere le scatole a Stefania (mia moglie), sto dormendo beatamente nel letto della camera degli “ospiti”, sognando i sentieri attraverso i boschi casolani che avremmo affrontato di lì a poche ore.
Alle ore 4.03 vengo improvvisamente svegliato da un forte sussulto accompagnato da un boato fragoroso che, nella mia mente ancora annegata nel sonno profondo, pare stia arrivando proprio dalla curva Tosa del circuito imolese, che dista solo 1 km dal mio appartamento.

Mi alzo di soprassalto dal letto ed immediatamente capisco: eccolo, un’altra volta…è sempre lui, ogni tanto viene a farci visita.
Corro subito da Stefi e, già sveglia anche lei, me dice: il terremoto!
Per fortuna i bambini continuano a dormire beatamente, completamente immersi nei loro sogni in multicolor.
Cerco subito di collegarmi con lo smartphone ad internet per capire, ma non ho ancora dato tempo ai giornalisti o all’INGV di svegliarsi e fare il loro lavoro, nessuna notizia. Sono solo le 4.05.

Decido quindi di leggere qualche riga del mio libro di Jo Nesbo e quindi di ritornare in pochi minuti fra le braccia di Morfeo.
Ore 7.00 sveglia. Un primo ed unico pensiero…aggiornamenti su quanto successo nella notte.
Rainews dice che questa volta è scoccata l’ora dell’Emilia Romagna: l’epicentro si trova fra le provincie di Ferrara e Modena.
Purtroppo si parla già di crolli e alcune vittime, il sangue si raggela vedendo le prime immagini di Finale Emilia, Sant’Agostino, San Carlo, Mirandola sventrati dalle scosse.

“Cavolo”- dico fra me e me- “le Pieghe Ferraresi”!
Proprio qualche mesi fa io ed alcuni colleghi avevamo approfondito, per motivi di lavoro, diversi aspetti sulle, già note, strutture appenniniche sepolte che si sviluppano proprio fra Casaglia (in Provincia di Ferrara) e Mirandola (in Provincia di Modena), dove, a causa della particolare struttura geologica, si rinvengono, a profondità relativamente limitate, anomalie geotermiche.
Ebbene sì, la causa di questi eventi sismici sta tutta lì, dove sonnecchia la parte frontale dell’Appennino, quella porzione che nessuno ha mai visto direttamente in faccia, ma che i geologi conoscono molto bene. Non voglio dilungarmi in spiegazioni sullo scontro di placche ecc… ecc… ma, tanto per capirsi, quella zona è una porzione critica del territorio padano in quanto il substrato roccioso fratturato dalla collisione Africa-Europa risale verso la superficie, da profondità di alcuni kilometri, fino a raggiungere una soggiacenza di poche centinaia di metri. Pertanto l’energia rilasciata dalle faglie compressive, durante i terremoti, genera scuotimenti della superficie, con intensità relativamente elevate.
E’ già stato detto molto, in questi giorni, sui meccanismi che scaturiscono gli eventi sismici e, purtroppo, hanno anche parlato in tanti, forse troppi. Pubblicisti o giornalisti si sono improvvisati sismologi provetti, con tanto di plastici e bacchette in mano, impartendo lezioni sui terremoti e, allo stesso tempo, meravigliandosi e indignandosi della crudeltà di questi fenomeni. Mi preme, a tal proposito, sottolineare questa palese incongruenza emersa ascoltando alcuni conduttori televisivi: se si ha la pretesa di spiegare scientificamente le cause de terremoti, non si può cadere improvvisamente dal pero rimanendo allibiti sugli effetti che questi fenomeni possono generare sull’uomo e, nei casi più estremi, concludendo, addirittura, che la natura è codarda ed assassina!
Come al solito, ritengo che ognuno debba fare il proprio mestiere. Se posso quindi permettermi di dare un piccolo consiglio ai lettori, la prossima volta (tanto ce ne sarà sicuramente un’altra, e lo dico senza sarcasmo) cerchiamo di capire il perché delle cose filtrando dai dibattiti le voci di autorevoli studiosi che da anni si sforzano di fare comprendere che in natura è normale il verificarsi dei terremoti e non l’eccezione. Polemica chiusa.

In quella stessa giornata di domenica ha iniziato pian piano a delinearsi il quadro drammatico di quanto avvenuto.

Dopo qualche giorno sono stato contattato da amici colleghi ferraresi i quali chiedevano la disponibilità, tramite l’associazione di volontariato GEO PRO CIV, di partecipare ai rilevamenti degli effetti cosismici avvenuti nelle zone di Sant’Agostino e San Carlo. Ho dato immediatamente l’adesione e, il giorno 25 maggio, ho raggiunto il paese di Sant’Agostino.
Il nostro compito era identificare, catalogare e cartografare, i fenomeni di liquefazione delle sabbie, noti ormai a tutti dalle cronache e che, in questa occasione, si sono manifestati in maniera così eclatante, da meritare adeguati approfondimenti, anche per gli effetti devastanti che possono provocare.
La liquefazione dei terreni rientra nei cosiddetti “effetti di sito cosismici” e sono causati fondamentalmente dal notevole incremento della pressione a cui vengono sottoposte le falde acquifere durante un terremoto, queste, se contenute all’interno di acquiferi sabbiosi e limosi, poco addensati e relativamente superficiali, provocano un immediato decadimento della resistenza dei terreni, trasformandoli in una poltiglia che, come abbiamo tutti visto dalle immagini, può addirittura emergere dal sottosuolo.
I rilevamenti più “interessanti”, sotto questo profilo, li ho potuti verificare nella piccola frazione di San Carlo, dove, proprio a causa della liquefazione, alcuni edifici hanno subito veri e propri spostamenti, sottoforma di sollevamenti e traslazioni, e si sono create spaccature lungo le strade e in corrispondenza dei campi.
Per capire le forze che entrano in gioco basti pensare che, proprio a San Carlo, all’interno di un garage due automobili si sono completamente sollevate fino, quasi, a toccare il soffitto.
Io credo che un terremoto, pur nella sua enorme drammaticità, è sempre un maestro di vita del quale, però ci si dimentica in fretta gli insegnamenti.
Eventi sismici come questi, purtroppo imprevedibili e ineluttabili, non possono non intaccare la realtà sociale e culturale di una comunità. Queste devono essere occasioni affinché la gente inizi ad assimilare una consapevolezza maggiore della realtà che, spesso, è fatta anche di cose che non si vedono direttamente e che si manifestano con ricorrenze che vanno al di là degli intervalli di tempo a cui la nostra mente è normalmente abituata (solitamente 80-100 anni, tutto il resto è storia o qualcosa di estremamente lontano!). Personalmente rimango basito quando vedo l’uomo disposto a credere a fantasmi, ufo e alieni e che fatica ad accettare, o non si rassegna, all’idea che la terra possa tremare. Andiamo in ferie in montagna o ci svegliamo ogni giorno di fronte a meravigliosi colline appenniniche e non ci ricordiamo che proprio queste bellezze, così uniche, si sono create con una serie interminabile di terremoti ed eventi anche catastrofici. Lo so può sembrare un paradosso, ma è così.
Detto questo, l’ultima riflessione, sicuramente meno filosofica della precedente, deve essere rivolta a fornire risposte che possano servire subito: una parola su tutte, la prevenzione. Lo so, si dice tutte le volte, ma spesso ci si dimentica subito e quindi la ripeto: la prevenzione è l’unica cura che può consentire la salvaguardia dell’uomo dal sisma. Al momento non ci sono altri metodi. D’altra parte, se pensiamo alla storia, l’uomo ha imparato a rifugiarsi all’interno di grotte per ripararsi dalla pioggia prima di inventarsi le previsioni del tempo dopo il TG delle 20,00.
Per quanto sia impossibile prevedere il prossimo terremoto (nuovamente non mi addentro nelle polemiche che tutti le volte emergono su questo tema) è altrettanto possibile adottare comportamenti preventivi per ovviare gli effetti devastanti di un sisma e l’unico modo per farlo è agire sulle due principali componenti che determinano le tragiche conseguenze: lo studio approfondito e accurato di quello che ci sta sotto i piedi (e qui spezzo una lancia in favore della categoria di noi geologi) e la conseguente corretta pianificazione, e progettazione delle costruzioni.
Concludendo credo che, mai come in questa occasione, sia necessario dare un aiuto concreto ai nostri cari amici emiliani con i quali ho avuto modo di colloquiare e che ho trovato splendidamente determinati a non farsi sopraffare dall’enorme disastro che li ha colpiti nella loro florida economia, nel loro patrimonio artistico e culturale e nel profondo dell’anima. Si possono fare tante cose. Oltre a dare aiuti in denaro, ritengo che, a parte i generi alimentari che non mancano, là c’è necessità di tutto, per cui invito ognuno di voi a dare un piccolo contributo, magari appoggiandovi alle numerose associazioni casolane che, immagino, data l’enorme generosità sempre manifestata, abbiano già iniziato la loro attività di supporto. Se posso solo dare un’indicazione vi chiedo di pensare a qualcosa che possa dare sollievo ai tantissimi bambini che ho visto scorrazzare fra le tende o nei giardinetti vicino ai containers…la loro innocenza era disarmante!

Tiziano Righini
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