Attualita

 

CHE FINE HA FATTO SUOR GIANNA?

“ Che fine ha fatto suor Gianna? ” …..l’interrogativo di Kekko, giunto assolutamente inatteso, ci ha lasciati tutti un attimo sorpresi durante l’ultima riunione di redazione. E pensare che poi non avrei dovuto essere troppo sorpreso dal momento che diverse volte mi è capitato di  sentirmi rivolgere la domanda relativamente a questa o quella delle suore che per ultime, nel 2006, hanno lasciato il convento delle Dorotee.

Già…. che fine hanno fatto le nostre Dorotee, le nostre suorine che per tanti anni hanno reso così importanti servizi alla nostra comunità; prima di tutto  nel campo dell’educazione con l’asilo, la scuola media, i corsi di formazione professionale, i  corsi di catechismo; poi nel supporto alla vita spirituale ed ecclesiastica  in collaborazione con la nostra parrocchia e direttamente con le liturgia nella chiesa del Pio Suffragio annessa al convento; infine  nel campo dell’occupazione  con i laboratori di maglieria e dell’assistenza agli anziani con la mensa e le visite nella Casa Protetta ?

Le  suore Dorotee lasciarono il convento affacciato su p.za Oriani alla fine del 2006. Un esito doloroso per la nostra comunità che per 150 anni - grazie all’iniziale intervento del Card. Giovanni Soglia, nostro illustre cittadino - aveva usufruito e goduto dei servigi di questo ordine religioso e ne aveva profondamente interiorizzato la presenza.

Ma una volta lasciato Casola dove sono andate?

Abbiamo chiesto aiuto a Sandra Landi che ha sempre mantenuto i contatti  con l’ Istituto e la Casa Madre delle nostre religiose e che, oltre a seguire la gestione dei  beni che le Dorotee posseggono ancora nel nostro comune, trascorre alcuni periodi dell’anno e presta la sua opera  presso i conventi o le strutture in cui le suore operano nelle varie località italiane.

Attualmente l’Istituto delle Suore Maestre di S.ta Dorotea conta in Italia e all’estero circa 180 religiose distribuite in vari conventi o case di accoglienza. La Casa Madre di origine è a Venezia mentre la centrale operativa è a Roma. L’istituto vive certamente, in una certa misura, la crisi di vocazioni che in occidente colpisce, in questo scorcio di tempo, le varie espressioni del mondo consacrato, questo tuttavia non impedisce alle Dorotee di essere presenti con le loro opere anche all’estero con scuole laboratori e servizi nelle parrocchie in paesi  dove le condizioni sociali sono ancora arretrate e carenti: Albania, Madagascar, Burundi, Camerun, Columbia, Bolivia, Brasile.

L’età media delle consacrate dell’ Istituto è di oltre 70 anni. Seguendo la loro vocazione e la loro specifica missione le Dorotee operano soprattutto nel campo dell’educazione giovanile gestendo tutta una serie di scuole di vario livello.

Nel convento di Casola, al momento della dipartita nel 2006, le suore operanti erano 6: la Madre Superiora Suor Ottaviana, suor Osanna, Suor Luca Maria, Suor Irma, Suor Pierdomenica ed infine suor Gianna.

Purtroppo due di loro nel frattempo sono morte ed hanno raggiunto la casa del Padre.

La prima è stata suor Irma, storica cuoca del convento, che ha prestato servizio a Casola per quasi 50 anni. Morta il 24 Gennaio 2013, all’età di 92 anni, a Padova  in una delle Case di riposo dell’Istituto dove era stata trasferita dopo la partenza dal nostro paese. Lo Specchio/Spekkietto ha ricordato la figura di questa cara religiosa nel n. 237/53 uscito nell’Aprile 2013.

L’ 11 Giugno 2014 a Castell’Arquato è morta anche suor Osanna a 92 anni - classe 1922-.

A Casola aveva operato soprattutto come responsabile dei laboratori di maglieria e come istruttrice ed  insegnante nei corsi di formazione professionale. Poi, quando le suore cessarono di svolgere a Casola questa attività, si dedicò al servizio dell’asilo infantile ed al conforto degli ammalati e degli ospiti della nostra Casa Protetta. Nel 2006, con la chiusura del convento, si trasferì  nel convento di Castell’ Arquato in provincia di Piacenza dove ha concluso santamente i suoi giorni.

La madre Superiora, suor Ottaviana, classe 1924,  è stata presente a Casola per circa 20 anni. Ora di anni ne ha 92 ed è ospitata anch’essa a Castell’Arquato. Recentemente è stata colpita da una paresi e utilizza la carozzina ma conserva  una buona lucidità di mente.

Suor Luca Maria, classe 1927, ora ha 89 anni.  A Casola  si era impegnata prima nel laboratorio di maglieria, poi nell’asilo e contemporaneamente nell’insegnamento del catechismo.  Nel 2006 da Casola fu destinata a Villanova di Forlì dove le suore gestiscono un asilo. Da Villanova, dopo qualche anno, per problemi di salute si è dovuta spostare prima nel convento di Forlì città, poi recentemente, nella casa di riposo dell’istituto a Padova.

Suor Pierdomenica, di cui ricordiamo il carattere vivace e dinamico, quando partì da Casola fu destinata a nella casa dell’Istituto a Cavaso del Tomba in provincia di Treviso.  Le ho fatto visita alcune volte in questi anni  e mi ha sempre accolto con grande festa manifestando una grande nostalgia per  Casola, paese alla cui memoria è sempre rimasta molto affezionata. Ogni volta ricordava con passione la sua attività all’asilo ed in parrocchia, le sue visite ai malati ed agli ospiti della Casa Protetta, le sue puntate con l’Arci, Don Menetti, alla Comunità Incontro di Frassineta ed i suoi rapporti affettuosi e materni con i ragazzi colà ospitati ed infine la sua inconsolabile nostalgia per gli annuali pellegrinaggi al santuario della Madonna di Boccadirio - Sempre in prima fila, sempre scalpitante e reticente a sottostare ai ritmi mediati e controllati del passo da tenere in gruppo -

Ora suor Pierdomenica, purtroppo, soffre qualche problema di salute e di memoria. E’ nata nel 1934 e molto probabilmente la sua mente sta fluttuando nelle visioni estatiche del proprio passato, troppo presa dal ricomporre i propri ricordi per prestare attenzione alla piccole cose dell’attualità.

Infine Suor Gianna, anch’essa classe 1935. Giunse a Casola nel 1985, a 50 anni:  dinamica, attiva, orientata soprattutto al mondo giovanile, frizzante, a volte un po’ insofferente nei confronti di certe convenzioni.

E’ stata Insegnante di religione alle scuole elementari e durante la sua permanenza a Casola si è dedicata molto all’insegnamento del catechismo ai nostri ragazzi ed alle attività della Parrocchia.

Nel 2006 è stata destinata alla Casa Madre dell’Istituto a Venezia dove risiede tutt’ora  con la mente rivolta ai propri orizzonti lontani, non sempre  immediatamente comprensibili.

 Dunque dal 2006, dopo 150 anni, siamo rimasti senza le nostre suore. A loro, alle ultime qui ricordate, ed a tutte quelle che generosamente nel corso di un secolo e mezzo hanno prestato il loro prezioso servizio al nostro paese, anche in condizioni estremamente difficili (ricordiamo il passaggio del fronte) , va il nostro ricordo affettuoso e riconoscente; che il Signore renda loro merito e grazie.

Alessandro Righini

La Casa Residenza Anziani di Casola Valsenio è una struttura che nel corso del tempo ha sempre cercato di integrarsi nel tessuto sociale del paese. A tal proposito le iniziative volte a coinvolgere gli ospiti della struttura sono state numerose, non solo con la finalità di integrarli nel territorio, ma con il fine di dar loro una quotidianità che preveda giornalmente attività comuni a tutti noi. 
Per i nostri anziani è stato di fondamentale importanza l’incontro con i bambini delle scuole per l’infanzia, primaria e secondaria. Questi appuntamenti hanno generato uno scambio relazionale reciproco attraverso i racconti degli ospiti che via via si sono trasformati in nonni.
Gli incontri sono avvenuti mensilmente, durante l’anno scolastico, permettendo di organizzare un concorso letterario, nel quale i bambini della seconda classe secondaria del paese  hanno scritto racconti riguardanti la terza età. A tal fine si deve sicuramente un importante contributo da parte dello scrittore casolano Cristiano Cavina che, dopo aver piacevolmente incontrato i bambini assieme agli anziani, ha fornito una chiave di lettura della realtà in cui viviamo, dove è emerso che l’aspetto importante è vedere ed osservare la realtà con il cuore e la semplicità. Cristiano parteciperà al concorso, che si terrà entro la fine dell’anno, come “giudice”  nel valutare gli scritti che più rappresentano l’anzianità, le sue bellezze e le sue  diversità.
Un’altra iniziativa è stata la giornata del ritratto al nonno, dove i bambini della quarta classe primaria hanno simpaticamente e vivacemente rappresentato gli ospiti della nostra struttura. In una prima occasione ad ogni bambino è stato assegnato “un nonno”, con il quale interagire, per quanto possibile, cercando di ritrarlo. Non ci crederete, ma i ritratti che ne sono emersi rappresentano in maniera colorata ed entusiasmante questo nostro mondo.
Per le festività hanno partecipato sia i bambini della scuola per l’infanzia con canti e poesie, sia gli Scout che hanno piacevolmente animato la grande festa natalizia, vestendosi da “Babbi Natale” e portando doni ai nostri anziani cantando nenie natalizie.
Per i compleanni e in feste particolari dell’anno hanno partecipato rallegrando i nostri pomeriggi: i Maggiaioli di Povlò che in abiti folcloristici hanno cantato Maggio egregiamente, i Trigliceridi che con fortissima ironia hanno reinterpretato canzoni storiche, Arianna Poli con il karaoke è riuscita a coinvolgere tutti cantando assieme (non vi diciamo cosa è emerso………..) 
Al pranzo della festa di primavera con i parenti hanno partecipato: il nostro sindaco, i volontari della Misericordia, il nostro amato Don Euterio (non manca mai alla celebrazione della ss. Messa del sabato mattina) e il fantastico professore di musica Daniele Faziani che ha allietato la festa con il suo sax.
Durante l’estate abbiamo organizzato uscite settimanali con destinazione il mercato paesano, dando modo agli ospiti di incontrare amici e conoscenti che non avevano avuto modo di vedere. Il tutto prevedeva una sosta nei giardini o nei bar…… in fondo per sentirci “più sburi anche tutti noi”.
 Durante il corso dell’anno sono state organizzate feste di struttura all’aperto a tal fine di coinvolgere la collettività, con rappresentazioni teatrali, festa hawaiana corredata di cocktail fruttati e look hawaiani (non sapete cosa vi siete persi!!) con partecipazioni delle cariche pubbliche fra cui il Vice sindaco e l’assessore ai servizi sociali.
   Inoltre, annualmente, viene pubblicato il giornalino di struttura e distribuiti in tutti gli esercizi pubblici e istituzioni pubbliche, anche in questa sede potrete essere informati di tutto ciò che accade all’interno della nostra realtà comprese “le bische clandestine” delle 17.00 e i frammenti di vita dei nostri amabili nonni.
Le nostre iniziative sono mirate a creare relazioni sociali che permettano ai nostri anziani di poter vivere quotidianamente emozioni che, a causa delle loro condizioni fisiche, non consentirebbero di far percepire loro tutto ciò che accade nel paese.
E’ quindi importante ricordare a tutti voi, che giovani si nasce ma anziani si diventa, ogni contributo che ciascuno di voi vuol dare sarà sempre ben accetto e riconosciuto di notevole importanza. D’altra parte, per ottenere questi risultati di socialità di cui noi viviamo, se Maometto non va alla montagna, noi la montagna la portiamo qua. 
                                                    Gli Ospiti della Casa Residenza
VANA P0LI  -  LA  MAGA DELLE FOGLIE , LA FATA DELL’AUTUNNO
Ivana Poli è una casolana “Doc”, che durante l’anno svolge diverse attività ma che, all’approssimarsi dell’autunno, viene assorbita interamente dalla magia dei colori delle piante, delle foglie, dei fiori e dei frutti.  Colori che virano dal verde, al giallo, al rosso, all’arancione, ai riflessi dorati e argentei con cui l’universo vegetale reagisce alle mutazioni climatiche e temporali. 
I cieli tersi e il solleone dell’estate cedono, pian piano, il posto alle nuvole, ai venti freschi e alle prime piogge dell’autunno e le piante si adattano. La nostra valle poi sotto questo aspetto fornisce punti di vista  assolutamente speciali e straordinari. Basta affacciarsi in questi giorni  sulla ringhiera sospesa sul “gravina” o sul “canjon” del muraglione per rimanere affascinati dalla meravigliosa varietà dei colori dei boschi dei prati dei campi su cui il nostro sguardo si si allarga e si distende. 
L’autunno è una stagione che Ivana, figlia della nostra valle,  ama particolarmente e da cui si sente affascinata. Una stagione che suscita in lei stimoli creativi ed attiva la sua sensibilità artistica e la sua immaginazione . 
Fin da ragazzina si divertiva a ideare in casa con le foglie composizioni di vario genere per le amiche poi, con il tempo, ha affinato la sua tecnica preparando, costumi e addobbi per i carri allegorici casolani. 
Nel 2007 Ivana realizzò per la bancherella di una amica un viso assemblando frutti dimenticati, ispirandosi alle pitture di Giuseppe Arcimboldo, l’artista del XVI secolo, noto per i ritratti realizzati combinando assieme la riproduzione di elementi naturali quali: frutti, foglie, fiori, pesci ed uccelli. 
Il lavoro piacque molto alla sua mamma Filomena che, apprezzando la sua abilità, le suggerì di realizzare una figura intera per la festa dei frutti dimenticati del 2008. Ivana seguì il suo suggerimento e  realizzò una figura femminile interamente costituita da frutti e foglie come piaceva a Lei. Ivana battezzò la sua opera “Ottobrata”. Purtroppo la madre non riuscì a vederla perché morì nell’estate di quell’anno. 
Dopo di allora, ogni anno, Ivana, diventata una vera maga delle foglie ed una fata creatrice dell’autunno, ha realizzato diverse altre opere. Fra queste una nel 2009 con le foglie del granoturco, ispirandosi alle maschere veneziane, poi via, via, negli anni seguenti:  una figura maschile sdraiata su di un carretto, una figura femminile con il volto dell’Arcimboldo e vestita di saggina e foglie di Kaki, un’altra figura femminile nominata “La regina dell’Autunno” e tante altre. 
Nel 2010, in occasione del raduno internazionale di speleologia, ha creato nella piazzetta del Municipio un grande viso con muschio, ginestre, foglie di betulla e di viburno. Particolarmente affascinante e preferita da Ivana è una figura femminile realizzata con fasci di saggina che ispira un’aurea di nobile eleganza. 
 La sua ultima creazione è una figura femminile realizzata interamente con rami e fiori di luppolo con una tonalità prevalente di verde / azzurro chiaro e giallo raccolti da una pianta del nostro lungo fiume. 
Ivana compone le sue opere con una tecnica paziente ed assai curata nei dettagli. Su di uno scheletro di legno e di reticelle  metalliche  applica le foglie, i tralci, i rametti, i fiori ed i frutti,  incollandoli ad uno ad uno  mediante la colla a caldo. Un lavoro impegnativo e tutt’altro che semplice e tranquillo tanto che spesso si ritrova con l’indice ed il pollice scottati. Talvolta per le strutture portanti utilizza anche oggetti casuali trovati in casa quali ad esempio un fiasco per supportare una testa. 
Quest’anno Ivana ha esposto le sue opere floreali-arboree nei locali dell’ex ferramenta di Conti Giancarlo, riscuotendo unanimi ed ammirati consensi dai numerosi visitatori. Ma durante l’anno dove si trovano le dame fiorite di Ivana?  :-  Quando la gente mi chiede come faccio a mantenerle nel tempo  - ci confida - io rispondo: Sara' un miracolo della stanza che le ospita durante l anno nel ex convento delle suore!!!!-
 Per una Festa dei frutti dimenticati ci poteva essere una realizzazione più appropriata ed in tema di questa? 
Complimenti davvero Ivana! Una volta di più dimostri che l’estro e la creatività dei Casolani trova sempre  occasioni nuove e stupefacenti per esprimersi.
A cura di Alessandro Righini
 
 
PIAZZA  LUIGI  SASDELLI , LA PIAZZA STORICA  DEL NOSTRO CENTRO ABITATO,  
DECLASSATA A SEMPLICE  AREA DI   PARCHEGGIO … PEGGIO … A GARAGE.
 
“La scelta di  declassare Piazza Sasdelli a parcheggio, anzi  peggio ….a garage è una scelta  irresponsabile, incivile, qualunquistica, poco lungimirante e soprattutto di nessuna effettiva e reale utilità per i cittadini,  a parte accontentare  le ubbie e  i grilli di qualcuno che pensa che 8 posti in più di parcheggio possano risollevare  l’economia  del centro storico  (quando poi di posti liberi nel centro storico, nel giro di cento metri ce ne sono sempre a disposizione) .
Una scelta sciatta, ottusa  che denota scarsa sensibilità urbanistica, poco rispetto dell’ambiente, scarso coraggio civico. 
Una scelta di ripiegamento rispetto alle  decisioni prese in passato,  in occasione del restauro dell’area del centro storico. Decisioni, quelle di allora che, sebbene prese a metà, delineavano per questa area  quella che avrebbe dovuto essere  lo sbocco auspicabile del futuro e cioè la liberazione totale di piazza Sasdelli dalle macchine.  
Una  scelta vanificata  invece da quella ora adottata. Una scelta,quest’ultima, permettetemi di dirlo, e lo dico con grande amarezza (perchè avevo stima , e per certi versi ne ho ancora,  dei nostri amministratori), di stupidità politica.”
 
 Carissimi cittadini e lettori de Lo Spekkietto, da qualche tempo avevo ricevuto segnali  indicativi dell’emergere nelle intenzioni  e negli orientamenti  di certi nostri amministratori  ed esponenti dell’area politica di loro maggior riferimento  - il PD - di declassare  piazza Sasdelli , la piazza storica del nostro paese, a semplice area di parcheggio, abolendo quel minimo di salvaguardia di decoro e di significanza urbanistica che le era stata riattribuita diversi anni fa , dopo il restauro delle vie del centro storico.
 Ho scritto ripetutamente a quegli amministratori per scongiurare questa loro intenzione ed esortarli  a non recedere da quel poco che si era ottenuto nella salvaguardia della piazza. In un primo tempo mi pareva di aver ottenuto un qualche responsabile ascolto, poi invece alla fine si è ceduto scivolando verso  la scelta dell’insignificanza , dello squallore frutto di  insensibilità qualunquistica.
La piazza -  dopo essere stata veramente tale per qualche secolo -  con l’avvento della cosiddetta modernità, ovvero con  il proliferare e l’espansione  del traffico automobilistico degli anni ’60 e seguenti, - era diventata di fatto un parcheggio, spesso caotico ed indisciplinato, seguendo, d’altra parte, quello che era l’andazzo di molte altre piazze anche ben più famose ed illustri della nostra (basti pensare che il sottoscritto nel 1966, in visita a Roma, potè parcheggiare senza problemi, come facevano tutti, in Piazza del Vaticano) e, qualche anno dopo, in piazza del Duomo a Milano.
Negli ultimi  decenni   però, con il maturare di una certa riflessione  ed il lento affermarsi di una maggiore  sensibilità e consapevolezza storica ed urbanistica, gli spazi più significativi all’interno dei centri abitati sono stati recuperati e rivalorizzati in particolare quegli spazi specialissimi che sono le piazze.
Senza andare a pescare  ai grossi centri basti vedere quali sono state le recenti  le scelte effettuate dalle cittadine a noi vicine, quali Imola, Faenza e molti altri centri minori.
Anche a Casola, negli anni del recente passato, alcuni spazi sono stati recuperati alla loro originaria funzione e fra questi , per ultima, piazza Sasdelli  in occasione del restauro delle vie del centro storico.
 Non fu  un recupero  completo perché i nostri politici ed amministratori non ebbero il coraggio di reagire con la necessaria  fermezza  ai malumori  di  certi settori della nostra comunità e  di prendere una decisione definitiva ( c’è sempre chi  trova il motivo di lamentarsi per il venir meno apparente di certe presunte comodità o vantaggi). 
Dunque non fu un recupero completo, ma comunque un recupero ci fu e soprattutto - come gli stessi amministratori  precisarono  in diverse occasioni – quello realizzato era  un recupero parziale che tuttavia indicava  l’orientamento  verso  un certo assetto per il futuro ( quello di liberare dalle auto tutta la piazza) che  con il tempo  ed il maturare di una certa consapevolezza  si sarebbe avverato.
Io nel mio piccolo con alcuni interventi su Lo Spekkietto  ho sempre cercato di spingere in questa direzione, a volte anche con spirito acceso.
Ora, quando sono venuto a  conoscenza  della retromarcia dei nostri amministratori e della loro ingiustificata decisione  di  ripristinare il “garage” nella storica piazza sono rimasto basito ed interdetto anche perché , dopo le difficoltà e le resistenze iniziali a far prevalere il senso civico ed il rispetto degli spazi, ormai si era instaurata  una certa maturazione nel comportamento dei cittadini  e le cose funzionavano.
 Questo dietrofront davvero non lo capisco. Nelle settimane precedenti, allorquando ho cominciato a presentire  l’avanzare di  questa ipotesi,  mi sono premurato di  scrivere agli amministratori ed agli esponenti del partito  di loro riferimento  alcune lettere con tutta una serie di riflessioni sull’argomento  per giustificare il mio punto di vista . 
Tuttavia, sino a che non mi è giunta la notizia della decisione presa ,  ho però cercato di mantenere la discussione in un ambito ristretto perché mi era stato detto che si trattava  solo di orientamenti non decisivi e sui quali bisognava ancora riflettere e discutere.  Non volevo  pertanto che l’inevitabile verve polemica andasse a scapito di una matura e consapevole riflessione.
Ora mi sono reso conto che l’atteggiamento riflessivo era una balla! Ora di fronte alle ultime notizie non posso più starmene zitto. 
Nelle lettere inviate agli amministratori ed agli esponenti politici ho cercato di motivare dettagliatamente e razionalmente  il mio pensiero riguardo ai diversi aspetti del problema  e pertanto, per non dover stare a riscrivere il tutto, vi rimando, cari lettori  cittadini ed interlocutori  a quanto già scritto e rintracciabile nel sito del nostro giornalino.
Devo tuttavia ammettere e amaramente constatare che il disinteresse verso i destini di piazza Sasdelli è abbastanza diffuso. 
Con  poche e crude parole credo di poter amaramente affermare che in fondo alla maggioranza dei Casolani  non gliene frega niente della salvaguardia delle funzioni e delle caratteristiche urbanistiche e storiche di piazza Sasdelli, L’importante è poter parcheggiare e risparmiarsi dieci, venti passi per raggiungere il centro … ma quale centro?
La cosa che più mi mi ferisce e colpisce negativamente  è constatare quale sia il ragionamento di base su cui molti giustificano la scelta della “piazza garage” : - Ma sì! .. ma di cosa ti preoccupi, cosa te ne frega, tanto questo è un buco di paese che sta morendo”-
 Ora se per qualche aspetto ( decremento demografico e fuga di molti giovani) questo pensiero  contiene purtroppo qualche germe di verità, per molti altri invece non tiene conto di certe realtà ed iniziative dinamiche, vitali ed effervescenti  che, nonostante un certo spopolamento, il paese mantiene e che magari non sono tali nei paesi circostanti. Mi è capitato recentemente di  ascoltare commenti di Riolesi e Brisighellesi sui loro paesi  raffrontati con quanto succede a Casola e, con mia sorpresa, ho potuto constatare come Casola sia ritenuta molto più vivace e creativa. Perché allora su certi temi scegliere lo “squash”? … ripeto,  senza  alcuna reale e seria necessità che lo giustifichino?
Alessandro Righini
 

 

 

 

 

Blank Under the Map

I saatelliti delle serie Sentinel sono in grado di fotografare e mostrarci ogni angolo del pianeta e i suoi cambiamenti ogni tre giorni. Vista sotto questa prospettiva, la Terra potrebbe sembrare un posto immerso in un eterno presente, privo di angoli bui. Un posto dove ormai parrebbe impossibile trovare luoghi blank on the map: spazi vuoti sulle carte, capaci di affascinare e raccontare nuove storie proprio perché ancora ignoti. Fortunatamente per la nostra fantasia e umanità, gli speleologi sanno che l’ignoto e l’esplorazione sono un qualcosa ancora oggi vivo e reale. Qualcosa di cui per ora non vediamo la fine. Le chiazze bianche si sono solo spostate divenendo blank under the map, al riparo dall’occhio indiscreto di Sentinel. Seguendo le strade segrete dell’aria e dell’acqua la geografia della Terra è ancora una via da esplorare e percorrere con il proprio corpo. Se poi l’acqua che si decide di seguire è tanta, si possono avere belle sorprese. Come speleologo sono cresciuto leggendo e sognando sui racconti delle esplorazioni di Minye, Nare e delle altre incredibili grotte della Nuova Guinea. Luoghi dove roccia, acqua e vuoto si sono alleati: decisi a rendere difficile la vita agli esploratori. La speleologia tropicale non è tutta uguale. Dopo oltre vent'anni passati ad organizzare spedizioni a cavallo dell'equatore, con gli amici del nostro gruppo ci siamo domandati se non fosse arrivato il momento di andare a caccia di qualcosa di diverso. Non solo chilometri di grandi gallerie fossili, ma anche qualcosa dove l'acqua fosse la vera padrona dei luoghi. La domanda che ci poniamo è semplice: dove si trova il fiume sotterraneo con la maggiore portata? E sopratutto è mai stato esplorato? Nel 2012 sotto il coordinamento del gruppo Acheloos Geo Exploring, nasce così il progetto Call for river, proprio con obbiettivo la documentazione e l’esplorazione dei fiumi sotterranei con il maggiore regime idrico esistenti sul pianeta.

 

Call for river...

Tra carte topografiche, immagini satellitari e calcolo dei bacini idrogeologici scopriamo così come inaspettatamente molti dei maggiori corsi d'acqua sotterranei del pianeta siano ancora inesplorati e in molti casi mai documentati. Il grosso si concentra nell'area del Sud Est Asiatico e dell'Oceania e indubbiamente sull'isola della Nuova Guinea sembrano esserci obbiettivi realmente grandiosi. Nel 2016, una survey nella Bird’s Head, penisola settentrionale di West Papua, parte indonesiana dell'isola, ci convince oltre ogni dubbio. Obbiettivo i grandi trafori idrogeologici e i sistemi carsici che il fiume Aouk-Kladuk ha creato lungo la sua vallata. Con una lunghezza di oltre 250 chilometri su un bacino di oltre 4000 km², si tratta di uno dei principali corsi d’acqua nella Bird’s head peninsula. Originato dal versante meridionale della catena dei monti Tamrau, scorre verso sud-ovest attraversando la grande area carsica del plateau di Ayamaru fino a sfociare nel mare di Seram. La posizione del suo bacino a ridosso della catena montuosa, fa si che intercetti un altissimo regime pluviometrico, che nella parte alta supera i sei metri annui di precipitazioni, portando il corso d’acqua ad avere alla foce una portata stimata nell’ordine di oltre 300 metri cubi al secondo. Proprio la verifica sul campo e l’inizio delle esplorazioni, ci ha confermato che l’Aouk-Kladuk, potrebbe essere quello che stavamo cercando. Lungo la sua vallata il fiume ha infatti creato una serie di grotte e trafori che in alcuni tratti arrivano ad avere una portata media stimata in oltre 180 metri cubi al secondo. Un luogo fatto di acqua e di pietra che s’intreccia con la storia e la mitologia dei Mey Mare, la popolazione che abita le foreste di questa parte della piana di Ajamaru, ma anche con le storie degli antichi esploratori della Nuova Guinea. Odoardo Beccari, primo europeo che visitò l’interno della penisola nel 1873, esplorando la valle del fiume Wa Samson, arrivò a circa una dozzina di chilometri dal fiume Aouk. Ma nel suo ultimo viaggio nel 1875 si reco presso la sua foce, nel golfo di Samei da dove riconobbe e per primo descrisse la lunga dorsale di coni calcarei dove scorre il fiume. Alcuni decenni più tardi, nel 1914 il tenente Gustav Ilgen al comando di una pattuglia di esploratori olandesi riuscì invece a raggiungere e fotografare proprio l’imbocco di uno dei trafori. Nella carta che contribui a produrre, una piccola sigla segna per la prima volta l’esistenza di una parte del corso sotterraneo dell’Aouk. A oltre un secolo da quel primo e unico segno su una carta geografica, la nostra spedizione si propone di seguire il fiume lungo il suo corso, tentando l’esplorazione e la documentazione di questo incredibile patrimonio geologico. Perché anche oggi, nell’era dei satelliti, è ancora tempo per andare a caccia di luoghi e di nuove storie da raccontare.

 

0°57'25”S 132°20'18”E Waykut: unconventional Speleo

Il primo impatto con il grande fiume e le sue grotte è sempre traumatico. Quando lo scorso anno abbiamo iniziato le esplorazioni, alla fine ci siamo salutati sull'onda di un Banjir: più che una piena, un vero e proprio tsunami di fiume. Nonostante tutta la nostra buona volontà, qui di stagioni secche proprio non se ne parla: diciamo che semplicemente non esistono. Cosi anche questa volta i giorni passano esplorando gallerie tra una piena e l'altra. Questa volta quando va bene si gioca con trenta o quaranta metri cubi d'acqua al secondo, quando decide di piovere e va male... beh in quel caso è meglio uscire molto rapidamente. Giocare con così tanta acqua in grotta è strano. C'è un limite sottile che separa il molto divertente dal molto pericoloso. Un limite fatto di velocità dell'acqua, turbolenze, trappole e tronchi. Una speleologia diversa dal solito, dove è tutto un mischiare tecniche e attrezzi. Cosi accanto a caschi e attrezzi da grotta, compaiono corde galleggianti, giubbetti di salvataggio, moschettoni a sgancio rapido, arpioni, taglisagole e perfino una variante delle piccozze da ghiaccio: costruita apposta per risalire controcorrente. Dimenticavo: ovviamente gli immancabili Packraft, i kayak gonfiabili per navigare gallerie e rapide sotterranee! Il tutto per provare a dimenticarci che il fiume e la sua voce fanno veramente paura. D'altronde il luogo esige sicuramente rispetto: Waykut, il luogo delle eclissi, ovvero l'enorme portale dove il fiume scompare, ma anche dove si avviano i morti: la madri e i padri che diventeranno antenati. Antenati dei Mey Mare, ovvero del popolo che abita da tempi immemorabili queste foreste. Aouk è la loro voce. Ma visto che è il fiume dopo il suo viaggio nel sottosuolo ha scavato anche una via per uscire nuovamente alla luce, il luogo da cui ricompare è al contrario uno spazio di nascita e vita. Quan: l'immagine stessa della donna pronta per partorire. Nei racconti del nostro amico Samuel, morte e rinascita si uniscono nel corso sotterraneo del fiume Aouk. Morte e rinascita: devo dire che questi pensieri mi passano nella mente mentre scendo la lunga calata di oltre 150 metri che ci permette di atterrare direttamente davanti al portale. Non è tanto l'altezza a mettere pensiero, quanto la roccia a cui sono attaccato. Calcarenite del Miocene, ovvero un calcare corallino pieno di conchiglie e sabbia. Marc quando l'ha vista ha detto di non aver mai trovato una roccia peggiore per fare armi e piantare chiodi. Siamo stati tutti perfettamente d'accordo. Mentre scendo, guardo perplesso le grosse viti da 12mm di diametro che abbiamo fissato. Thomas è stato più di mezz'ora appeso alla ricerca di un pezzo di roccia solida in cui avvitarle. Il suo ultimo messaggio via radio prima di scendere è stato un laconico “Ok! Ne ho trovato un pezzetto solido grande come una mano!”. Nonostante tutto, alcuni giorni dopo, stringendo in mano la fine dell'ultima corda a disposizione, dobbiamo accettare a malincuore che anche questa volta il fiume è stato più forte di noi. E' buffo essere in mezzo ad una galleria larga quasi quaranta metri, alta oltre settanta e non poter proseguire. Andare avanti a nuoto o in Kayak, non sarebbe certo un problema. Ma in questo tratto, con le sponde completamente e verticali e la fortissima corrente, senza un traverso di sicurezza non ci sarebbe modo di tornare indietro. In tre settimane con l'esplorazione di circa sei chilometri di enormi gallerie abbiamo cominciato a dare una forma ai trafori del fiume Aouk. Una river cave veramente unica, che con i suoi circa 50 metri cubi di portata media, si pone sullo stesso ordine di grandezza della Xe Bang Fai in Laos o del sistema Gebihe in Cina, ovvero tra le due tre più grandi dell'intero pianeta. Ovviamente è solo un arrivederci e la partita con Waykut è solo rinviata al prossimo anno.

 

Kladuk_Ilgen sink

L'Aouk è un fiume che ha tante storie da raccontare, cosi strada facendo decide di cambiare nome è diventare Kladuk. Ormai è enorme, ha oltre 2800 chilometri quadrati di bacino su cui piove sempre: raramente il suo colore non è scuro e limaccioso. Siamo più vicini al mare che alle montagne, ma lui ancora non si è levato il vizio di scomparire sottoterra. Questo è il nostro secondo obbiettivo. Un traforo potenzialmente assurdo percorso da un fiume con una portata stabile di 130-180 metri cubi di acqua al secondo. Le immagini satellitari ci mostrano chiaramente il punto dove il fiume scompare e quello dove ricompare in una enorme rapida di acque bianche. Nel mezzo alcune grandi chiazze nere hanno tutta l'aria di enormi pozzi dove provare a scendere. Quando arriviamo davanti al grande lago dove s'inghiotte, riconosciamo la foto fatta oltre un secolo fa dal tenente Gustav Ilgen, mentre esplorava questa parte della Nuova Guinea. Come allora una enorme catasta di legna ricopre come una lastra di ghiaccio lo specchio d'acqua. Sembra di camminare su terreno solido, ma sotto di noi scorre il fiume. Sul fondo la parete e una bocca larga e bassa. Ci avviciniamo con circospezione, un grande antro prosegue all'interno fino a quella che sembra una parete, un sifone. Qui non si può ne nuotare ne camminare e anche il resto serve a poco, non ci resta che tentare la risorgente a valle. Se a monte il Kladuk scompariva quasi silenzioso nel grande lago, qui dove esce ruggisce con tutta la sua forza. Più che rapide sono vere e proprie onde e anche se è praticamente in magra saranno oltre cento i metri cubi che sputa verso di noi. Purtroppo anche da questo lato l'acqua esce sotto la parete e non ci resta che contemplare la più grande risorgente carsica del pianeta. Nel vicino villaggio di Saluk, conoscono bene il loro fiume e la sua abitudine a nascondersi nel sottosuolo. Cosi il loro Re ci accompagna presso una di quelle macchie scure a metà strada. Dall'alto il ruggito è inconfondibile, sotto questo Tiankeng scorre il Kladuk. Tra foresta e pareti, una lingua d'acqua torna a giorno per settanta metri traversandolo da un lato all'altro. Lo spettacolo è grandioso. Purtroppo anche qui due sifoni ci sbarrano la strada. Abbiamo ancora pochi giorni a disposizione; mentre risalgo penso che avendo più tempo, forse cercando meglio potremmo avere più fortuna. Eppure, allo stesso tempo sono contento di aver vissuto questo luogo incredibile. Pensandoci bene, mi sembra ovvio e giusto che il fiume sotterraneo più grande del pianeta abbia deciso di conservare intatto il suo buio e il mistero. Almeno fino alla prossima spedizione...

 

Andrea Benassi

 

 

Partecipanti: Andrea Benassi (Società Speleologica Saknussem), Ivan Vicenzi (Gruppo Speleologico Sacile), Thomas Pasquini (Gruppo Speleologico Piemontese); Katia Zampatti (Gruppo Speleologico Brescia), ; Riccardo Pozzo (Gruppo Speleologico Biellese); Tommaso Biondi, Marc Faverjon e Paolo Turrini.

Un ringraziamento agli sponsors che con il loro appoggio e fiducia hanno reso possibile la spedizione: Petzl; Rodcle Equipment; Korda’s; CT Climbing technology; Kikko Lamp; Repetto Sport; Enomad; AlpackaRaft; Società Geografica Italiana; Società Speleologica Italiana; Museo di Storia Naturale di Firenze; Museo di Sgtoria Naturale di Verona; Unione dei Comuni della Romagna Faentina; Parco regionale della Vena del Gesso; Parco regionale delle Dolomiti Friulane.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua la nostra esplorazione dei casolani che hanno fatto della musica un lavoro oppure che la vivono con grande passione. Abbiamo visto come nuovi gruppi rock stanno nascendo e crescendo in questi anni. Oggi rispolveriamo una “vecchia gloria” della musica casolana, chitarrista dotato di talento, grintoso, amante dell’heavy metal e di tutto quello che vi ruota intorno, fondatore dei Backlash ad inizio anni Novanta. Marco Campoli. Ovviamente a Casola lo riconosciamo più per il suo lavoro da ingegnere ma ho scoperto che in questi anni non ha abbandonato la sua Gibson Les Paul.

Ciao, facciamo un piccolo riassunto per i più giovani e per i più distratti. Tutto inizia molti anni fa. Ti abbiamo sempre visto con una chitarra elettrica in mano. Come è nato il tutto?

Fin da piccolo ho seguito i classici corsi di musica per bambini, senza che una vera fiamma si accendesse in me. Poi, ai primi anni delle superiori, mi accorsi che le cassette che alcuni ragazzi più grandi mettevano a tutto volume nella corriera per Faenza delle 06:50 facendo infuriare l’autista di turno, mi piacevano parecchio. Ma il battesimo di fuoco è avvenuto con il mio primo concerto dei leggendari Iron Maiden nel 1992.

Poi ci sono stati i gruppi casolani. Hai un ricordo in particolare?

Negli anni ’90 a Casola c’era un incredibile fermento musicale, probabilmente frutto di un irripetibile momento per la musica rock da cui anche noi eravamo travolti. Ricordo i Mirrors, i Lesti, gli Aldamera, … e le serate dei Backlash (con Nicola, Lorenzo e Simone) a tutto volume alla piscina, in piazza, al cinema, con vari gruppi dei più disparati generi musicali (con anche una non dichiarata competizione): quando era il nostro turno, era immancabile lo stop con la pattuglia dei Carabinieri che interveniva per sedare i nostri rumori molesti!

Già da tempo sono nati i “Vicolo Inferno”. Raccontaci qualcosa della band e del vostro suono.

Con i Vicolo suoniamo del 2003, da quando, tramite un messaggio affisso in una bacheca di una scuola di musica di Imola, ho conosciuto il cantante Igor. Nella prima formazione schieravamo alla batteria anche Simone, un altro ex casolano trapiantato in città. Da allora abbiamo suonato con vari avvicendamenti di formazione, un po’ in giro, in una marea di locali… anche se in alcuni non sarebbe valsa proprio la pena! Il sound di noi “rockers della domenica” è un hard rock metal bello tosto e sanguigno, con qualche fondamenta nel grunge, ma non sono molto bravo a definire i generi… ti garantisco però che il volume è sempre quello dei vecchi tempi!

Tra noi appassionati di musica ti associamo ad un certo stile musicale, all’heavy metal che nonostante il passare del tempo continua ad avere un pubblico affezionato, interessato, partecipe, una sorta di fedeltà  Che cosa ti lega a quel mondo che non è solo musicale, ma anche un’attitudine, uno stile, un immaginario ben preciso?

Sicuramente l’attitudine rock è qualche cosa che non si riesce a trasmettere se non fa parte di te… anche se ormai i media definiscono rock un sacco di cose che con il rock non hanno nulla a che fare. Hai l’impressione che il pubblico la possa percepire mentre suoni ad un concerto e ti restituisca energia positiva.

Molti gruppi ambiscono alla produzione e alla pubblicazione di un proprio album, magari senza grandi pretese di sfondare ma per concretizzare un progetto musicale. Nel vostro caso ho letto che avete pubblicato due album.

Dopo il primo mini “Hell’s Alley” autoprodotto nel 2005, nel 2013 abbiamo pubblicato “Hourglass” e nel 2017 “Stray Ideals” con l’etichetta di Brescia logic(il)logic Records che ci cura distribuzione e promozione… peccato che oggi ormai vendere un cd è un’impresa titanica!!! E’ sempre più necessario esporsi su piattaforme con video, dirette, … Il livello richiesto delle produzioni è molto alto, la concorrenza è spietata (le nuove generazioni sono tecnicamente preparatissime). Cerchiamo di difenderci con un po’ di esperienza… anche se il tempo a disposizione è sempre meno.

Ho saputo che con la tua band avete fatto anche un mini tour in Inghilterra. Immagino sia stata un’esperienza elettrizzante, il sogno di ogni ragazzo che inizia a suonare.

Eh sì, il sogno di ogni ragazzo… anche se quando siamo partiti non ero proprio un ragazzo ma un quarantenne con una terza figlia appena nata.

Non ti immaginare però il classico tour in hotel a 5 stelle!!! Considera che il primo stop c’è stato alla partenza alle 03.30 sotto casa di Igor quando Carabinieri di Imola ci hanno fermato, pensando stessimo svaligiando il palazzo: sono entrati nella via in contro mano a sirene lampeggianti spiegate e… “chefffffate e dddddove ve ne annnnate a quest’ora ehhhhh??” e noi “andiamo in Inghilterra”… loro “mizzzzzzegha e peccchè nunciannnnnate n’aereo???”!!! E’ stato benaugurante... 6 concerti in 8 giorni, 4000 km sul nostro jet privato (un impagabile furgone stipato di attrezzatura e strumenti da caricare e scaricare), il ponte del traghetto sulla Manica all’alba, speronamenti in rotonde prese contro mano, pasti gratuiti offerti da un gruppo di Evangelisti che ci avevano preso per homeless e ci volevano a tutti i costi a cantare nel coro della loro “Church”, pernottamenti in posti dove neanche Bear Grylls avrebbe soggiornato.

Proprio per questo è stata un’esperienza unica. Non ti nascondo che qualche serata memorabile c’è stata tipo quella al The Duke in Galles o quella al Dublin Castle di Camden a Londra, con personaggi che cantavano a squarciagola sotto il palco, non chiedermi cosa però, non saprei dirtelo… di sicuro ci sono alcune storie da poter raccontare ai nipoti.

Ovviamente l’età avanza, lo dico scherzando ovviamente, ma il sogno di fare il grande salto nel mondo della musica è un sogno oramai riposto in un cassetto oppure rimane vivo?

Oggettivamente ho smesso di credere nella possibilità del grande salto nel 1994 ma in pratica ci si prova sempre come il primo giorno!

 

Grazie

 

Intervista a cura di Riccardo Albonetti

 

 

Era un po' che non lo vedevo in giro. Ho immaginato fosse ricoverato. Allora ho chiesto a chi poteva sapere e ho imparato che Gabriele Suzzi è morto.

Detto Mamola.

Interpreto il silenzio attorno a questa triste notizia come una forma di riservatezza. Come l'intenzione di non voler disturbare. Caro Gabriele io ti conosco, tu non disturbi affatto.

Lo soprannominammo così per via della sua somiglianza col pilota motociclistico Randy Mamola. Era il 1979, avevamo 15 anni e noi ragazzini gravitavamo attorno all'officina di Mino, al Macello e Gabriele aveva sguardo, naso, capelli e lentiggini, la faccia da bambino insomma, di Mamola.

Da bambini siamo stati grandi amici. Gli unici,lui e io, all'età di 4 anni (parlo del 1968, quindi) a ritrovarci liberi, fuori dall'asilo, nei territori del vecchio campo sportivo.

Io che l'ho conosciuto bambino, ricordo il passamontagna, la giacca a vento e i pantaloni lunghi, ma di maglia (si usava così allora) mentre io portavo ancora le braghe corte, ma soprattutto ricordo suoi i guanti con le dita tagliate che nelle giornate terse portava alla bocca per soffiarvi sopra l'alito caldo. Per noi, bambini selvatici, dicembre era come marzo e marzo come agosto.

Quante battute di pesca con le mani, cercando le tane di barbi e cavedani sotto i sassi del fiume dal Cantone a scendere fino ad Arsella, riempendoci le mutande dei pesci più grossi e tirandoci in faccia quelli più piccoli. Allora, l'unica differenza rilevante fra noi era la statura. Io di febbraio, lui di marzo, io ero decisamente più alto. Poi le cose cambiano, la vita prende le strade sue, eventi più grandi di noi, profili già tracciati,  decidono il nostro destino e senza che  possiamo averne contezza. Lui in fonderia, io a scuola, ovvio. Come avremmo potuto essere lungimiranti?

Nessuno può ignorare come le cose, nel volgere di una brevissima stagione sbagliata, siano andate malissimo per Gabriele.

Tutti sappiamo come più di ogni altro abbia pagato duramente e senza sconti i propri errori.

Vorrei solo dire che Gabriele Suzzi è stata la persona più buona di cuore e più candida che io abbia mai conosciuto.

Negli ultimi anni ci incrociavamo, due frasi: come va? Bene, e tu?  Poco di più. Qualche chiacchiera su quel tempo remoto. Quand'è che andiamo a pescare? Il suo modo di sorridere ironico e profondamente mite: lo stesso di allora.

Sono certo che se ci fosse un paradiso lui siederebbe non distante dalla mensa del Padre.

Lo stimavo e gli volevo bene.

C.M.

Il 9 marzo l’Italia è stata costretta a fermarsi, a limitare ogni spostamento e a dare la priorità alla tutela della salute pubblica. E quando il 18 maggio la situazione si è sbloccata (pur sempre, ovviamente, nel rispetto delle norme sanitarie), la voglia di uscire ed evadere era tanta. L’estate si avvicinava, e gli interrogativi più frequenti riguardavano proprio le vacanze estive. Andremo in vacanza quest’anno? Se sì, dove? Qual è il posto più sicuro?

La maggioranza degli italiani ha scelto di rimanere proprio in Italia: il clima di incertezza economica e sanitaria è riuscito a modificare (in parte) le tradizionali abitudini connesse alle vacanze estive. Oltre il 90% degli italiani ha organizzato le proprie vacanze all’interno del territorio nazionale, prediligendo ferie più brevi e meno lontane. Questa tendenza, che alcuni giornalisti hanno comparato ad una “svolta patriottica”, costituisce senz’altro un record: la percentuale di italiani che nel 2020 hanno scelto di trascorrere le proprie vacanze in Italia è la più alta degli ultimi 10 anni.

Gli italiani hanno scelto, nella maggioranza dei casi, di recarsi presso le regioni del sud (prime fra tutte la Sardegna, la Puglia e la Sicilia), le quali vantano meravigliose spiagge e mari cristallini. Anche i piccoli borghi sono stati una meta gettonata per le vacanze del 2020: famosi per la loro storia e per le loro specialità enogastronomiche, si configurano come piccole culle di tesori sconosciuti e ancora da scoprire, ricchi di prodotti tradizionali e artigianali.

Il cosiddetto “turismo esperienziale” ha richiamato moltissimi italiani e italiane, che hanno scelto di dedicarsi a passeggiate, trekking in montagna e alla ricerca di esperienze creative, innovative e partecipative. Nel nostro piccolo, anche a Casola abbiamo risentito positivamente di questo “ritorno alla natura”: Selena Pederzoli, figura di riferimento all’ufficio turistico di Casola Valsenio, ci ha raccontato di come i trekking organizzati alla scoperta dei sentieri e delle bellezze del nostro territorio abbiano visto la partecipazione di molte persone provenienti da altri paesi e città italiane. I percorsi guidati sono stati realizzati nei mesi estivi e hanno permesso ai turisti di conoscere le ricchezze del nostro paese: ogni giornata prevedeva un’escursione guidata lungo gli itinerari e i sentieri casolani (Monte Fortino, Monte dei Pini, Monte Battaglia, Monte Cece), seguiti dal pranzo in uno dei ristoranti indicati (Il Prato dei Fiorentini, Locanda Il Cardello, Piadineria Lori, Ristorante Fava, Trattoria Valsenio) e dalla possibilità di visitare, nel pomeriggio, il Cardello e il Giardino delle Erbe.

A soffrire di più sono state le città d’arte, specialmente a causa della mancanza dei turisti stranieri: è stato stimato che la loro assenza sia costata al sistema turistico nazionale circa 12 miliardi (analisi Coldiretti su dati Bankitalia). A causa della chiusura delle frontiere e dei vincoli imposti al turismo sono infatti mancate le entrate relative ad alloggi, alimentazione, trasporti, divertimenti e shopping.

Quest’estate c’è stata inoltre una diminuzione delle prenotazioni anticipate, dovuta sicuramente al clima di incertezza che regnava sovrano nei mesi post-lockdown. Molti hanno poi scelto di soggiornare in strutture meno affollate, come case in affitto o di proprietà.

Tanti italiani hanno invece deciso di restare a casa quest’estate, e le ragioni che hanno condotto a questa scelta sono principalmente due: da una parte, alcuni hanno preferito rinunciare alle ferie piuttosto che esporsi a rischi sanitari; dall’altra, la crisi economica derivante dallo stop forzato di molte attività lavorative ha avuto pesanti ricadute sui bilanci familiari: circa un terzo delle famiglie ha rinunciato alle vacanze estive proprio a causa della crisi innescata dalla pandemia.

Proprio a tal fine, una delle iniziative proposte all’interno del Decreto Rilancio è il  cosiddetto “Bonus Vacanze”, ossia un contributo economico del valore massimo di 500 euro, da utilizzare per soggiorni in Italia. Potevano richiedere tale contributo i nuclei familiari con ISEE inferiore o pari a 40.000 euro e l’importo erogato era proporzionato alla numerosità del nucleo. Lo scopo di questo Bonus era quello di rilanciare l’economia italiana e di risollevare le sorti di alberghi, campeggi, villaggi turistici, agriturismi e bed&breakfast, duramente colpiti dalla crisi economica generata dall’epidemia da Coronavirus.

Il turismo di prossimità è stato quindi il grande protagonista delle vacanze estive 2020: vacanze sì, ma non lontano da casa. Le prenotazioni in Italia sulla piattaforma AIRBNB sono più che raddoppiate rispetto al 2019, e la stragrande maggioranza di coloro che hanno scelto di partire per le vacanze ha scelto destinazioni raggiungibili entro 4 ore dal proprio domicilio.

Un aspetto positivo di questa “estate italiana”? La riscoperta del “Bel Paese”, pieno di ricchezze sia dal punto di vista naturalistico – con i suoi mari cristallini, le sue splendide e imponenti montagne, i suoi parchi naturali e i suoi laghi –, sia dal punto di vista culturale. Spesso si cerca la bellezza lontano da casa, non vedendo quella che già ci circonda. Forse queste insolite vacanze ci hanno aiutato ad aprire un po’ gli occhi, insegnandoci ad amare ancora di più il nostro bellissimo Paese e le ricchezze che esso custodisce.

 

Benedetta Landi

Sabato 12 settembre 2020 si è svolta la quinta edizione di INQUADRA, concorso ed estemporanea di pittura organizzato dall’Associazione “Creativi sopra la Media”, che quest’anno ha visto la partecipazione di 76 pittori e pittrici provenienti da tutta Italia (Abruzzo, Toscana, Lombardia, Veneto, Umbria, oltre che Emilia Romagna e Casola, ovviamente), i quali hanno realizzato un totale di 120 quadri. Una decina sono stati inoltre gli iscritti nella categoria under 15. Per presentare al meglio INQUADRA e lo spirito che anima tale iniziativa, abbiamo deciso di rivolgere qualche domanda proprio ai Creativi, che con grande cortesia e disponibilità ci hanno parlato di come è nato questo progetto:

Desideriamo, per prima cosa, ringraziare Lo Spekkietto e Benedetta per l’opportunità di parlare di INQUADRA e con esso, di noi. INQUADRA è un evento d’arte, a cadenza annuale, che consiste in un concorso e in una estemporanea di pittura aperta a tutti gli artisti, professionisti e non, di qualsiasi nazionalità ed età. Ogni anno per le due sezioni dell’evento sono proposti dei temi, che servono a caratterizzare la tematica trattata: quest’anno il concorso aveva come tema “i colori dell’acqua”, mentre per l’estemporanea (che cerchiamo di legare maggiormente al nostro territorio), il tema richiesto era “profili”. Capita a volte che qualcuno ci dica che sono “titoli” troppo generici: li scegliamo appositamente nella loro accezione più ampia, proprio per lasciare la massima libertà espressiva all’artista, che può utilizzare qualsiasi tecnica  pittorica e ogni tipo di  supporto (non solo tele, quindi: abbiamo avuto in concorso anche mosaico, ceramica…). Il 2016 è stato il primo anno di INQUADRA: l’idea è stata anche quella di riportare a Casola un evento dedicato all’arte della pittura, riprendendo la bella tradizione della Biennale d’arte che si è tenuta qui diversi anni fa: l’abbiamo fatta nostra, ovviamente, abbiamo introdotto il concorso (opere da studio già realizzate, rispondenti al tema richiesto) accanto all’estemporanea (opera dipinta in giornata), abbiamo abbinato ogni anno un colore all’evento caratterizzando così sia la brochure del regolamento che l’allestimento e …noi stessi, of course! Anzi, notiamo con piacere che i pittori che si uniscono a noi il giorno dell’evento a volte vengono con un accessorio del colore di INQUADRA prescelto, e questo ci fa molto piacere. L’amministrazione comunale e la proloco ci hanno sempre sostenuto ed incoraggiato e qui, e ancora, desideriamo ringraziarli: sono determinanti per la riuscita di un evento come questo che richiede mesi di lavoro.

 

I membri dell’Associazione ci hanno parlato inoltre delle differenze che ci sono state tra questa edizione e quelle passate, viste le normative anti-covid:

Dal 2016 l’evento si è svolto sempre nel Parco del Cardello – Museo Casa Oriani, solitamente a fine maggio. Il 2020 come tutti sappiamo ha messo in discussione molte delle nostre certezze e così, per un momento, anche INQUADRA è rimasto in “quarantena”. Poi, quando la situazione sanitaria si è contenuta ed è stato possibile ragionare a mente fredda, i Creativi si sono rimessi al lavoro per non perdere questa edizione, che per noi rappresenta il primo lustro! Ecco che da maggio si è arrivati a settembre, dal Parco del Cardello ci siamo spostati al Parco G.Cavina: nuova data e nuova collocazione, una sfida alla sfida che crediamo di aver superato brillantemente. Ci è sembrato giusto portare i pittori dentro il paese e di conseguenza i casolani dentro l’evento. Speriamo che anche le attività commerciali e ricettive abbiano potuto godere delle numerose presenze di questa edizione, poiché siamo ben consapevoli che il Covid 19 ha messo alla prova l’economia del nostro territorio. Sappiamo che qualche pittore ha alloggiato nelle strutture che abbiamo, altri hanno cenato nei nostri locali: insomma, cerchiamo di far conoscere il nostro paese che, benché piccolo, offre tante piccole sorprese di qualità. Abbiamo quindi allestito il parco Cavina con tavoli ove poter compilare i moduli di iscrizione per coloro che non li avevano già pronti (a tutti gli iscritti delle precedenti edizioni e a chi li aveva richiesti via telefono erano già stati inviati via email, inoltre erano scaricabili dalla nostra pagina e gruppo Facebook), passando prima per l’igienizzazione delle mani e l’uso obbligatorio della mascherina per l’intera giornata all’ingresso del parco. Sulla “rotonda” centrale del parco, davanti alla fontana, avevamo collocato il tavolo per la registrazione e timbratura dei supporti per l’estemporanea: si è rivelato un punto strategico per il rispetto del distanziamento poiché l’accesso dal “ponticino” consentiva di mantenere le distanze richieste. Ma sopra a tutte queste necessarie accortezze c’è stata l’assoluta, naturale e cosciente attenzione dei partecipanti al regolamento: di questo siamo felici, poiché anche dalla serenità e dal rispetto delle regole dipende la riuscita di un evento.

 

La giuria, composta dalla dottoressa e docente di storia dell’arte Maria Chiara Zarabini, dallo storico dell’arte, pittore e storico fumettista dott. Antonio Dal Muto e dal dott. Nicolò Pace, fondatore e gallerista di Angolo Mazzini a Forlì, ha premiato i primi tre classificati di concorso ed estemporanea, secondo le seguenti motivazioni:

Estemporanea – Profili

1° classificato:  opera n. 11 – Lello Negozio. La tematica di un paesaggio che sembra dissolvere i suoi profili naturali appare come una evidente denuncia dell'azione negativa dell'uomo sull'ambiente. 

2° classificato:  opera n. 35 – Michele Inno. Il tema ricorrente del profilo del campanile a vela della Chiesa di Sopra di Casola Valsenio è stato tradotto dall'artista con una sciolta ed abile interpretazione cromatica.

3° classificato:  opera n. 21 – Aurora Rigatelli.  L'artista è riuscito a coniugare il profilo urbano con quello antropologico e quello naturale attraverso una ricostruzione geometrico/concettuale del tema, assai suggestiva.

Concorso – I colori dell’acqua

1° classificato: opera n. 28 – Walter Marchese.  L'artista è riuscito a trasmettere oltre al dato reale, il momento emozionale di una particolare luce che ha reso il paesaggio in una piena morbidezza espressiva.

2° classificato: opera n. 10 – Concetta Daidone.  L'artista attraverso la disgregazione del paesaggio riesce a far emergere la tematica grazie ad un percorso concettuale che evita la descrizione realistica.

3° classificato:  opera n. 56 – Antonio Mazziale. L'artista ha affrontato il tema attraverso una dimensione onirica in cui l'acqua diventa elemento trasfigurante della realtà paesaggistica.

La giuria ha inoltre conferito la menzione d’onore a Valter Tamiazzo, il quale ha presentato il suo acquerello all’estemporanea, e al nostro concittadino Biagio, che ha presentato un’opera insolita e spiritosa al concorso di pittura, la quale ha colpito i tre giudici per la “spregiudicatezza” con il quale ha affrontato “un tema assai attuale come quello dell'ecologia, in cui l'uomo appare ancora nemico della natura.”

La quinta edizione ha inoltre portato in scena una novità, ovvero l’aggiunta di quattro premi speciali per l’estemporanea, oltre ai tradizionali primi tre classificati: il Premio Benericetti, il Premio Pizzeria Incontro, il Premio Locanda Il Cardello e il Premio Fabbri Elio: le quattro attività casolane hanno decretato le opere vincitrici (realizzate da Concetta Daidone, Uber Gatti Luciano, Mauro del Vescovo e Nicol Ranci), trattenendo poi gli stessi quadri premiati.

 

Salutiamo con calore i “Creativi sopra la media”, e desideriamo ringraziarli ancora una volta per l’impegno profuso nell’organizzazione di un evento che, edizione dopo edizione, riesce ad unire artisti di provenienze ed esperienze diverse, nel nome di un amore comune: quello verso l’arte.

Desideriamo ringraziare Casola Valsenio per aver accolto, come sempre, la nostra manifestazione: ogni volta è un piacere, molto più grande della fatica che l’organizzazione richiede, ogni volta una sorpresa, a cui vi invitiamo a partecipare per gioire con noi della bellezza che l’arte ci offre.

 

 

Benedetta Landi

Foto di Serena Bosi

Volgono ormai al termine i lavori di ristrutturazione della Biblioteca Comunale “G. Pittano”, che negli ultimi mesi hanno consentito la messa in sicurezza dello stabile. All’interno, sono stati realizzati il consolidamento del piano calpestabile della sala Biagi Nolasco, un accesso OpenSpace alla Biblioteca, sono stati apportati interventi all’impianto elettrico ed è stata sostituita la precedente centrale termica a gasolio con una a metano. All’esterno sono state eseguite opere di miglioramento sismico, è stata completata la tinteggiatura delle facciate e sono stati realizzati un marciapiede di collegamento tra via Fondazza e Via Soglia (che permetterà un più diretto accesso al servizio dei bagni pubblici) e una pavimentazione in pietra del piazzale antistante la facciata della Biblioteca.

I  lavori, rallentati dalle chiusure conseguenti all’emergenza Covid, sono ora giunti al termine, e la Biblioteca Comunale si prepara a riaprire al pubblico nella sua nuova veste.

Nonostante le difficoltà degli ultimi mesi, dovute alla ristrutturazione (la quale ha notevolmente ridotto gli spazi, consentendo l’ingresso al pubblico solo in una delle due salette laterali) e al Covid (che ha comportato chiusure prolungate e ha limitato gli orari di apertura), il cuore pulsante della Biblioteca sono rimasti, in questo periodo, i suoi utenti, i quali non hanno mai abbandonato la lettura e i servizi di prestito, usufruendo delle consegne a domicilio e continuando a incontrarsi per i consueti incontri di lettura… ovviamente ONLINE!

Il 1° dicembre 2020 la piattaforma Lifesize ha infatti accolto “Gli amici della biblioteca”, i quali, sebbene con una modalità nuova e particolare, hanno raccontato dei libri che hanno tenuto loro compagnia in questo periodo di chiusura e incertezza. Certo, gli incontri mediati da uno schermo non possono sostituire quelli faccia a faccia. Inoltre la tecnologia talvolta gioca qualche brutto scherzo e ci si ritrova improvvisamente senza connessione, con la batteria scarica o con l’audio mal funzionante… ma è stato bello ritrovarsi anche così, e potersi scambiare consigli di lettura.

I libri aprono possibilità, ti fanno entrate in mondi fantastici e nuovi, ti fanno viaggiare con la fantasia e ti fanno conoscere personaggi con i quali instaurare una vicinanza emotiva... in questo periodo di isolamento e scarse relazioni sociali, la lettura è un modo per continuare a viaggiare e a incontrare persone, sia tra le pagine del romanzo, sia davanti ad uno schermo, nel momento in cui si condividono le proprie letture con altri amanti dei libri.

 

Benedetta Landi

Ho chiesto a Sabrina, ex mia cara collega nella scuola primaria, di raccontarmi il trapianto di rene che ha coinvolto lei (come donatrice)  e suo marito Paolo (come ricevente) nel mese di agosto. Questo fatto  ha molto colpito tutti i Casolani, anche perché la notizia è trapelata pochi giorni prima dell’intervento, è rimasta riservata fino all’ultimo, ne erano a conoscenza solo i familiari ed alcuni amici intimi. 

Questo trapianto ha avuto risonanza anche sulla stampa regionale con articoli sul Resto del Carlino e La Repubblica per il fatto che la donazione è stata fatta da un vivente, in questo caso la moglie.

Avevo pensato di riportare l’intervista, ma poi, per come si è svolta, preferisco un racconto.

Ora, 23 settembre, Sabrina sta progettando il rientro a scuola, ne ha tanta voglia , ha ripreso le forze e si sente pronta a “riabbracciare” i suoi alunni, con le dovute protezioni naturalmente! Non dimentichiamo infatti che  hanno vissuto il momento delicato del trapianto nel momento molto delicato per tutti del Covid 19!!

Paolo è invece a fare gli esami di routine a Bologna, la sua convalescenza sarà un po’ più lunga perché il ricevente dell’organo ha il problema del rigetto da tenere sotto controllo.

Comunque la funzionalità dell’organo sembra andare bene. Quando Sabrina ha lasciato l’ospedale per tornare a casa è passata a salutare suo marito ben protetta e coperta come un’ astronauta, l’aveva visto l’ultima volta prima dell’intervento quando a lei stavano per togliere il rene e Paolo aspettava in una saletta attigua di poterlo ricevere, come un bel salvagente lanciato per salvare la vita.

A dire il vero Paolo non ha mai corso il pericolo di perdere la vita per quell’unico rene che aveva smesso di filtrare a dovere il suo sangue. Da quasi tre anni, con una macchina da dialisi sistemata a casa, riusciva a mantenersi in salute, ma quella macchina, chiamata amichevolmente prima Tilde poi Claire, era invadente, ingombrante ed esigente nella loro vita: pretendeva di passare con loro 8 ore ogni notte! Doveva seguirli in ferie: mare o montagna che fosse, pretendeva che gli appuntamenti venissero rigorosamente rispettati!

Un supplizio ormai, erano riconoscenti sì verso questa ancora di salvezza, ma bloccati da una necessaria artificiale pulizia quotidiana del sangue: la stanchezza era sempre più palpabile in Paolo, ma anche in Sabrina, la vita era abbastanza costretta dalle esigenze della macchina. Sabrina mi racconta con qualche sospirone come sono giunti circa due anni fa a cercare qualche altra possibile soluzione.

La soluzione più definitiva e la più “ liberatrice” era il trapianto, ormai

Un’ operazione di routine per il sant’Orsola Malpighi di Bologna.

Lista d’attesa….tempo che scorrre…….macchina sempre più invadente…..ma ci sarà un’altra possibilità per accellerare i tempi?

-Donazione da un vivente, da un familiare, dopo avere verificato la compatibilità!-

Paolo rifiuta subito l’ipotesi suggerita dai medici, nessuno dei suoi familiari, cioè il figlio e la moglie, devono esporsi ad un dono cosi impegnativo. Lui non ci pensa neanche!

Allora….fermi tutti i progetti….ferma la situazione….ferma la speranza di ritornare ad una vita più normale ….ma Sabrina non ci sta!

Lei, escludendo, d’accordo con Paolo, la donazione da parte di Edo, il figlio, vuole provare a vedere se c’è mai compatibilità con lei.

Iniziano a muoversi, Sabrina decisa, Paolo reticente.

Il cinema Senio di Casola, gestito fino all’anno scorso da un’Associazione presieduta da Luigi Barzaglia, si trova  ora in una situazione di “vuoto”, in quanto la convenzione con il Comune del paese è scaduta e si sta cercando di capire se potrà continuare ad essere attivo.

“Abbiamo registrato una nuova Associazione che prende il nome di “Nuovo Cinema Senio” – spiega Alberto Fiorentini, Presidente dell’organizzazione – per fare in modo che il cinema di Casola continui con le sue attività e non sia costretto a chiudere. L’Associazione è composta da diversi ragazzi del paese, ma, a causa del Coronavirus, il cinema si trova in una fase di stallo.”

“Il nostro augurio per  l’anno prossimo, pensando che il Covid non ci sia più e che la situazione sia risolta, - continua Alberto – è che il cinema sia attivo a partire dalla fine del 2021.”

Gestire una sala cinematografica in una realtà piccola come quella di Casola non è affatto semplice, tuttavia provare ad attuare strategie che soddisfino gli interessi dei cittadini è importante e necessario per cercare di mantenerla in vita.

“I film che vanno per la maggiore sono quelli per famiglie e per bambini/ragazzi, come ad esempio i film di supereroi . Questo tipo di programmazione di solito ha un riscontro molto positivo. – afferma Alberto - Quello che però serve è una maggiore partecipazione: inizialmente l’Associazione era composta da una quindicina di persone, ma adesso siamo rimasti in tre. L’intento, quindi,  è quello di coniugare la programmazione cinematografica all’utilizzo del cinema per fini artistici. Come associazione c’è la volontà per fare in modo che il cinema continui a dare un servizio di intrattenimento per famiglie e giovani.”

Ciò che l’Associazione “Nuovo Cinema Senio” vorrebbe fare è istituire un calendario che coinvolga e soddisfi  anche le altre associazioni presenti a Casola, per far sì che la sala cinematografica non venga utilizzata solo per proiettare film, ma che possa essere utile anche per le iniziative delle altre associazioni casolane.

 

Enrica Dalla Vecchia

 

Io Maradona non lo ricordo bene. No, non bene. Adesso è facile. Prima ricordare bene non era così ovvio.

Ma ricordo che sembrava bizzarro, l'estate dei Mondiali in Italia, che l'Argentina avesse perso con il Camerun la prima partita della manifestazione.

Molto entusiasmo, nelle campagne di collina come nella piazza del paese, per la sconfitta del talento contro l'impegno. Del prevedibile, contro l'imprevedibile. Ricordo. Molto bene.

Dunque, nella mente di bambini e degli esseri maturi, un tributo inconscio alla sostanza e al caos. Sostanza e caos. Strano, conflittuale forse; ma tutto sommato credibile.

"Hai visto, Maradona ha perso?"

"Hai saputo dell'Argentina?"

"E alla fine non è riuscito a segnare…"

Io pure, che guardavo mio padre caricare pesche susine, che era l'ultimo giorno di scuola credo, che mi confondevo per l'estate in arrivo, io, pure, ne rimasi lieto. Lieto, spensierato e lieto.

Ero lieto perchè uno che non poteva perdere, aveva d'improvviso perso. E perchè i deboli, succede quindi, possono battere i forti.

Bhe, se questa necessità di gioire dell' imprevisto, di sorridere all'incapace che batte il capace, ha un senso, lo ha perchè probabilmente, Maradona, era archetipo di qualcosa di indecifrabile, ma che aveva a che fare con il "non sono belle le cose troppo scontate". Oppure: "A noi uomini piace ciò che non ci aspettiamo". E ancora: "A noi, esseri umani, piace quando un poco mette in difficoltà un tanto". Dunque, se il fato ha creato una sorte dove il poco e il tanto sono in eterno conflitto, questa sorte sarà ammirata, o, almeno, sarà studiata.

Poi sarà amata. Odiata. Amata. Odiata. E amata ancora. In tempi e in spazi diversi, con caos e passione. Sarà il nostro eroe, nemico, condottiero, avversario.

E infatti in quell'estate Maradona non era il buono. Quel pomeriggio del '90 contro il Camerun, Maradona era il cattivo. Era il cattivo, in quella partita con l'Inghilterra, per quegli inglesi che ancora oggi, nei pub, fanno cambiare canale. Era il cattivo, quando pranzava con l'allibratore di Bagnoli, per chi combatteva gli stilemi mafiosi. Era il cattivo.

Ma poi, poi non vuol dire. Poi le cose sono, e basta, e se regali matematicamente più sorrisi che lacrime, l'umano e l'animale, il vegetale non so, tende ad affezionarsi. E cattivo e buono diventano due termini di poco valore, utili solo se guardi Il Trono di Spade o se credi ancora alle finzioni della politica.

Sostanza o talento quindi? Caos o prevedibilità? No, in questo caso, il caso "Maradona", tutto. Tutto insieme. Come, ora che ci penso attento, in quasi tutti quelli che conosco e ho conosciuto.

Quest'anno per i Casolani il rischio di non avere a disposizione un servizio importante come la piscina, è stato concreto. Nonostante le tante avversità che tutti ben conosciamo e un bando partito in ritardo, la Nuova Co.Gi Sport di Faenza, ha preso in gestione l'impianto di Casola Valsenio. La cooperativa gestisce già le piscine di Faenza, Solarolo, Russi e Castel Bolognese. Il Presidente Roberto Carboni ha risposto ad alcune delle nostre domande.

 

Salve Carboni,

ora che la piscina di Casola Valsenio ha chiuso i cancelli fino alla prossima estate, come valuta la stagione da poco conclusa?

 E' stata una stagione complicata: abbiamo dovuto aprire in corsa e con poco tempo a disposizione, si è comunque deciso di erogare il servizio per andare incontro alle esigenze dei Casolani. Aprire a metà luglio con 10 giorni di preavviso è stato complesso ma ce l'abbiamo fatta e possiamo dirci soddisfatti del risultato e della risposta da parte della cittadinanza. Abbiamo seguito tutte le regole sanitarie, e l'ormai nota limitazione dei 100 posti. Probabilmente non siamo riusciti a rendere tutti contenti, mi riferisco in particolare  a chi si è visto negato l'accesso all'impianto per via del raggiungimento della capienza massima, ma le regole erano quelle, abbiamo fatto quello che si poteva fare. Ora non ci resta che guardare con positività al prossimo anno.

 

A proposito dell'anno prossimo, può darci qualche anticipazione?

Proprio in questi giorni è partita la manifestazione di interesse per il pub collegato alla piscina, vedremo se nel mese di ottobre qualcuno parteciperà, almeno cinque o sei persone con cui ho parlato si sono dette interessate, ma un conto sono le parole un conto è partecipare effettivamente. Siamo consci della potenzialità di quella struttura, e crediamo che possa tornare ad essere un importante punto di aggregazione, sopratutto nel periodo che va da maggio a settembre. Sappiamo quanto è mancato questo spazio soprattutto ai ragazzi più giovani, ma non solo. Comunque sia a  prescindere, garantiremo l'apertura del bar, in che modo e in che maniera lo vedremo. Per quanto invece riguarda la piscina inizieremo a lavorare il prima possibile per mettere in piedi una proposta che possa essere il più variegata possibile: corsi di nuoto, fitness acquatico, lezioni di acquagym e tante altre attività che già si svolgono nei nostri impianti sparsi per il territorio. Oltre a questo saranno previsti i lavori di messa a norma della piscina, ci saranno il secondo e il terzo stralcio, il secondo è in mano al comune, e ipoteticamente ad aprile questi saranno terminati, e la capienza massima fissata a 100 persone sarà solo un ricordo, contiamo di poter arrivare a 230 persone, che credo essere un numero più che giusto per il tipo d'impianto che Casola offre.

 

I bagnanti hanno sicuramente notato come la piscina di Casola abbia adottato tutte le normative sanitarie: dal controllo della temperatura all'ingresso, all'obbligo di indossare la mascherina negli spogliatoi, quanto queste procedure hanno influito sul vostro lavoro?

Fabio Donatini firma una nuova regia, un documentario dal titolo San Donato Beach. Prodotto da Zarathustra Film, è stato presentato all'ultimo Torino Film Festival, riscuotendo un successo andato ben oltre le aspettative. Se volete vedere il trailer lo trovate qua: https://www.youtube.com/watch?v=p2m-y0h8PIE. Di seguito alcune considerazioni, anche personali, se invece volete capire di cosa parla trovate un sacco di recensioni in rete.

Sono certo che tutto sia iniziato nell’estate del 2003, estate dolce per alcuni versi (che non sto qui a dirvi) e famigerata per altri che invece vi dirò. Quell'anno iniziò quel caldo folle che prima non esisteva e che invece adesso è normale nei mesi estivi. Iniziò il due maggio 2003 (quindi tecnicamente non era nemmeno estate...) e non mollò il colpo fino a fine settembre. Sono certo che tutto sia iniziato allora perché io c’ero, io abitavo in San Donato quell’estate, avevo una nuova morosa (alla fine vi dirò anche perché fu un’estate dolce se vado avanti così...) e tre coinquilini: Albo, che dormiva con la testa nel terrazzino di 80 cm quadrati per combattere il caldo, Lori, con il quale ci disputavamo l’uso dell’unico sgangherato ventilatore di casa, e Fabio che adesso su quel caldo ci ha fatto un film.

Secondo me anche l’idea di questo film ha iniziato a frullargli in testa in quella torrida estate di 17 anni fa, una delle prime trascorse a San Donato. Si deve essere reso conto già allora che non rimane molta gente in agosto in quel giro di strade che sta subito al di là del ponte: via Amaseo, via Galeotti, piazza Mickiewicz... Un discount, un bar a fare da punto di riferimento e, come dice Patrizia all’inizio del film, un gran caldo.

Quando in un posto è molto caldo, o molto freddo, la gente tende ad andarsene. Pensate al deserto che di giorno è caldo caldo e di notte freddo freddo, non ci sono molte cose nel deserto. Quindi le poche cose che ci sono si notano, emergono, colpiscono l’occhio di chi lo osserva (e magari ci si ritrova dentro per caso, errore, necessita, o perché si è perso). Se va bene quello che si nota in lontananza è un’oasi. Nella maggior parte dei casi invece è un cactus. Che ha comunque una sua utilità, ci insegnano i western. Credo che sia successa la stessa cosa con questo film: Fabio, bloccato nel caldo agostano di San Donato, ha notato i cactus, le poche persone rimaste in quello stretto giro di vie. Persone, non personaggi, che normalmente si mimetizzano fra la folla ma che in quel deserto spiccavano come cactus. Con le loro spine e con una scorta d’acqua chiusa dentro di sé, invisibile per tutti quelli che non hanno la voglia, il tempo, la curiosità di farci due chiacchiere. Fabio, lo credo io poi dirà lui se è vero, ha semplicemente inciso quei cactus (poi la smetto con questa similitudine, promesso) per fare sgorgare le loro storie. Non li ha intervistati, è rimasto lì ad ascoltarli mentre parlavano e raccontavano. Il fatto che avesse con sé una telecamera e qualcuno che gli desse una mano a girare (“una troupe ridotta al minimo e attrezzatura leggera”, dicono le note inviatemi dall’ufficio stampa) era un dettaglio di fronte all'urgenza di potere raccontare, per la prima volta, le proprie sfortune, i propri rimpianti, le rare gioie e le scarse ma tenaci speranze.