Il Sacro Corano è considerato dal fervente musulmano “il libro definitivo”. Non perfettibile perché perfetto. Immutabile nei tempi perché direttamente dettato da Dio e come tale legge assoluta. Di conseguenza i precetti del Libro vanno seguiti con scrupolo e attenzione, giorno dopo giorno, chiamando a testimonianza della propria fede l’intera comunità: la rettitudine del credente deve essere assiduamente esibita. Il perseguimento ultimo, di cui ogni buon musulmano è responsabile e risponde a Dio, è l’estensione della “Legge” dal singolo alla famiglia, da questa alla comunità di quartiere, alla comunità cittadina, a tutta la nazione, a tutte le nazioni. L’ordinamento sociale che inevitabilmente evolve da una simile progressione è di natura teocratica, incompatibile quindi con l’ordinamento sociale laico a cui si ispira il liberismo. Una figura, fra tutte, rende difficile immaginare una società pluralista e pacificata che comprenda anche i musulmani: quella del Mhadì.

La dottrina islamica, nella sua predizione, anticipa il giorno del giudizio universale con il ritorno del Mhadì, il profeta vendicatore che dichiarerà la guerra santa per stabilire la vittoria definitiva dell'islam su tutta la terra. Chi non si sottomette verrà annientato… una cancellazione tanto completa che termine stesso “infedele” perderà di significato. Questo assoluto comporta la precedenza dell'islam rispetto alle ragioni della convivenza plurireligiosa perché, qualunque sia la situazione in questo momento, un giorno il “nemico da combattere” verrà “sconfitto” l’utilizzo stesso di questi termini è incompatibile con un progetto di sincera pacificazione.

 

In ragione di una condizione tanto estrema, il fervente musulmano, per il solo fatto di sentirsi tale, non potrà mai sentirsi un europeo in una Europa laica. Come del resto non potrà sentirsi egiziano, piuttosto che afgano, iracheno, turco, nigeriano o ceceno, se nella sua stessa nazione non vige la condizione indispensabile: la teocrazia. Conferma questo, almeno in parte, la recente proclamazione dell’ISIS, Stato Islamico dell'Iraq e del Levante. Pertanto la domanda da porre non è solo se i mussulmani desiderano integrarsi in una singola nazione, ma soprattutto se desiderano integrarsi nella comunità dell’intero pianeta, accettando e convivendo la sua varietà.

A tal proposito si potrebbe far notare che i musulmani moderati hanno dimostrato di potersi assoggettare alle leggi di ispirazione liberista dei paesi occidentali in cui vivono… tuttavia, grattando la vernice e mettendo a nudo il metallo, chi frequenta abitualmente la moschea e la sua dottrina, considera la convivenza con l’occidente una situazione provvisoria e l’asseconda solo per i vantaggi pratici che ne ottiene, circostanza per altro pienamente autorizzata dal Corano:

versetto 3/28: "I credenti non si alleino con i miscredenti, preferendoli ai fedeli. Chi fa ciò contraddice la religione di Allah, a meno che temiate qualche male da parte loro, prendendo precauzioni"

Al-Tabari, vissuto prima dell’anno mille e considerato il più autorevole tra i grandi commentatori del Corano, così rimarca questo versetto:

"Se un musulmano vive sotto l’autorità degli infedeli, temendo per se stesso o per i suoi fratelli, con la sua lingua sia leale verso di loro, pur albergando nel suo cuore odio contro di loro...”

Nel Corano si trova dunque anche un’istruzione all’inganno, attitudine affatto mal dicevole se esercitata dal fedele nei confronti dell’infedele; tanto che, a volte, prendendo spunto proprio dal versetto 3/28, lo stesso Maometto viene celebrato come il “più grande tra gli ingannatori”.

Inganno e tranello sono quindi ammessi, anzi raccomandati, come pratica da esercitare nei confronti del “nemico forte”, nella certezza tuttavia dal compimento finale: un giorno la Vera Legge, la Legge del Libro, comunque trionferà sopra ogni altra legge… un giorno il Mhadi, l’implacabile, il mai morto, uscirà dal suo nascondiglio e di nuovo si mostrerà al mondo stabilendo su tutte le terre la verità ultima, la verità assoluta: l’Islam.

 

Pierugo Acerbi

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